“L’Europa sta dimostrando che ancora non è in grado di affrontare questo problema. Oppure, non voglio essere cattivo, forse non vuole essere in grado. Perché affrontare questi problemi vuol dire perdere popolarità e allora noi, pur di restare a galla, preferiamo che gli altri affondino: una Europa che non è capace di accogliere, che da anni discute dicendo che le cose cambieranno. Sì, le cose cambieranno: i numeri dei morti cambia ma le cose restano”.
Lo ha detto l’arcivescovo di Agrigento, il card. Francesco Montenegro giunto a Lampedusa, per “un pellegrinaggio nei confronti di questi fratelli che mi appartengono”, prima di recarsi nell’Oasi della fraternità per un momento di raccoglimento e di preghiera di fronte alle 13 bare delle donne vittime del naufragio avvenuto al largo di Lampedusa, nella notte tra domenica e lunedì. Poi i corpi recuperati dovrebbero essere tumulati nei cimiteri dei comuni dell’Agrigentino. “Si ripetono – ha aggiunto il card. Montenegro – gli stessi sentimenti e le stesse emozioni di sempre: meraviglia, perché gli altri si meravigliano perché succedono questi fatti. E indignazione, perché questi fatti succedono. Ed è strano che continuiamo a contare i morti e la storia continua a essere quella che è. Tante parole, ma le parole non riescono ancora a cambiare la vita. Ora sarà una rincorsa sulla responsabilità di chi è colpevole, perché sono morti”. E poi l’arcivescovo ha aggiunto: “Ognuno di noi ha un po’ di colpe. C’è gente che ha voglia di vivere e noi decidiamo che non deve avere questo desiderio. Ecco perché – ha proseguito – di fronte a questi fatti c’è solo il silenzio e cercare di capire perché il cuore dell’uomo è così chiuso e non riesce a leggere quella che è una storia che vuole andare avanti e che andrà nella misura in cui noi lo permettiamo”.