Giada Aquilino – Città del Vaticano www.vaticannews.va
Papa Francesco prega, subito dopo l’Angelus e al termine della Santa Messa di canonizzazione in Piazza San Pietro, e il suo pensiero va “ancora una volta” al Medio Oriente (Ascolta il servizio con la voce del Papa).
Il Pontefice si fa nuovamente vicino ad una terra, la Siria “amata e martoriata”, che da mercoledì scorso vive una nuova fase di bombardamenti: quelli turchi nella parte nord-orientale.
Il mio pensiero va ancora una volta al Medio Oriente. In particolare, all’amata e martoriata Siria da dove giungono nuovamente notizie drammatiche sulla sorte delle popolazioni del nord-est del Paese, costrette ad abbandonare le proprie case a causa delle azioni militari: tra queste popolazioni vi sono anche molte famiglie cristiane. A tutti gli attori coinvolti e anche alla Comunità Internazionale; per favore, rinnovo l’appello ad impegnarsi con sincerità, con onestà e trasparenza sulla strada del dialogo per cercare soluzioni efficaci.
L’emergenza umanitaria
Nel pontificato di Papa Francesco, la prossimità alle popolazioni siriane non è mai venuta meno, nelle preghiere mariane, nelle udienze generali, in occasione di incontri, in lettere e messaggi ai capi di Stato. La via indicata dal Santo Padre è quella del dialogo, di fronte a una ennesima emergenza umanitaria. L’Onu ha fatto sapere che oltre 130.000 persone sono state costrette a lasciare le loro case di Tell Abiad e Ras al Ain, nel nord-est della Siria, da quando a metà settimana è cominciata l’offensiva di Ankara nella zona. Molte di loro sono state accolte da famiglie in altre località o in scuole e rifugi collettivi nelle località di Tal Amr, Hasakeh o Raqa.
Le stime
L’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari ha lanciato l’allarme per i prossimi giorni: circa 400.000 persone potrebbero aver bisogno di assistenza e protezione. Gli ospedali pubblici e privati di Ras al Ain e Tell Abiad hanno chiuso i battenti venerdì scorso e centinaia di migliaia di persone sono rimaste senza acqua nella zona di Hasakeh, compresi gli 82.000 presenti nei campi profughi di Al Hol e Areesha.