L’Amazzonia “non può essere considerata come una merce”. A lanciare l’appello sono stati alcuni uditori e uditrici che hanno preso la parola al termine della settima Congregazione generale, a cui hanno partecipato 174 padri sinodali, oltre ad alcuni uditori e uditrici, alla presenza del Papa. Tra i temi affrontati – riferisce infatti Vatican News – la delimitazione e la protezione dei territori indigeni, affinché non vengano espropriati e depredati in nome delle attività estrattive minerarie o delle centrali idroelettriche. “La difesa della terra equivale alla difesa della vita”, hanno detto gli uditori, auspicando che i governi locali pongano fine alle ingiustizie nei confronti dei popoli nativi, spesso discriminati o “messi in vetrina”, non considerati come una cultura viva, con costumi, lingue e tradizioni proprie: “Anche la comunità internazionale deve intervenire concretamente per porre fine ai delitti perpetrati contro i nativi dell’Amazzonia, perché tale regione non può essere trattata come una merce”. La cura della casa comune, l’altro appello, non sia oggetto di propaganda o di lucro, bensì vera salvaguardia del Creato, lontana dal “colonialismo” economico, sociale e culturale che vuole modernizzare il territorio imponendo modelli di sviluppo estranei alle culture locali. Di qui l’idea di creare, nelle Chiese locali, un fondo di sussistenza alle iniziative di etno-ecologia o di agro-ecologia e di sicurezza alimentare, partendo dalle logiche amazzoniche.
“Cittadinanza ecologica”, “educazione integrale”, lavoro e tratta, altri temi della settima Congregazione. “L’Amazzonia è una regione ricca di diversità non solo biologica, ma anche culturale, hanno detto i partecipanti: oggi, le comunità che la abitano si vedono minacciate dall’espansione del mondo così detto “civilizzato” che, in realtà, mira solo allo sfruttamento delle risorse naturali per capitalizzare la ricchezza. Al contrario, ciò che occorre è un’educazione integrale che ristabilisca la connessione tra l’uomo e l’ambiente, formando individui in grado di prendersi cura della casa comune, in nome della solidarietà, della coscienza comunitaria e della “cittadinanza ecologica”. La disoccupazione giovanile, è stato detto, è la prima e la più grave forma di esclusione ed emarginazione della gioventù: per questo è necessario promuovere i diritti dei lavoratori, rilanciando l’economia solidale, le bioeconomie locali e l’energia rinnovabile. Altro tema affrontato, quello della tratta di esseri umani, in tutte le sue drammatiche sfaccettature, tra cui prostituzione, lavoro forzato, traffico di organi, definiti “crimini di lesa umanità”.
“Non vedo problemi sulla possibilità che le donne esercitino il mio stesso ministero”.
Lo ha detto uno dei due diaconi presenti al Sinodo per l’Amazzonia, Francisco Andrade de Lima, segretario esecutivo regionale Nord della Conferenza episcopale brasiliana, intervenuto al briefing di oggi in sala stampa vaticana. “Sono sposato, ho due figlie, e la mia famiglia mi accompagna in tutto il mio ministero”, ha testimoniato il diacono: “Non vedo nessun problema sul diaconato femminile, ma a partire dalla vocazione e dalla missione della Chiesa amazzonica, e non semplicemente per sopperire alla mancanza di persone che guidino la comunità”. Ad illustrare l’esperienza della scuola per animatori e animatrici per la comunità istituita da quattro anni nel suo territorio è stato mons. Dom Adriano Ciocca Vasino, vescovo prelato di São Félix, in Brasile: “La scuola dura quattro anni, ed è aperta anche alle donne: se il Sinodo aprirà al diaconato femminile, loro sanno che le ordinerò, se saranno accettate dalla comunità”. Durante la Congregazione generale di oggi, ha riferito il prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, Paolo Ruffini, si è proposto tra l’altro “un Sinodo generale sul ruolo delle donne” nella Chiesa.
“Creare seminari amazzonici”.
È il “sogno” confidato ai giornalisti da mons. Rafael Cob García, vicario apostolico di Puyo, in Ecuador. Interpellato su quante siano le vocazioni sacerdotali in Amazzonia, Garcìa ha risposto che nella Regione panamazzonica ci si trova di fronte a “due difficoltà tra i candidati: i popoli indigeni fanno un grande sforzo per arrivare alla vocazione, sono veramente pochi quelli che arrivano a quel punto, molti si scoraggiano e se ne vanno”. L’altra grande difficoltà è “la comprensione della disciplina della Chiesa cattolica romana, che comprende il celibato”. Di qui la grande pertinenza dell’impegno del Sinodo per “individuare nuovi cammini a servizio della Chiesa”, nell’ottica di un’inculturazione che tenga presente come “la mentalità degli indigeni è diversa dalla cultura occidentale”. Sulla necessità di “riformulare il curriculum” dei futuri sacerdoti, nei seminari, si è soffermata suor Zully Rosa Rojas Quispe, delle Suore Missionarie Domenicane del Santo Rosario, membro dell’èquipe itinerante “Bajo Madre de Dios” impegnata nella pastorale indigena del vicariato apostolico di Puerto Maldonado, in Perù: “la formazione dei seminaristi – ha fatto notare la religiosa – si limita alla filosofia e non alla saggezza ancestrale e all’apprendimento delle tante lingue dei popoli dell’Amazzonia”.
Con l’introduzione dei “peccati ecologici” nel novero dei peccati tradizionali, il Sinodo per l’Amazzonia “è l’opportunità per la Chiesa di far sì che l’ecologia integrale entri in maniera organica nel discorso teologico, ampliando l’ambito della morale cristiana e introducendo i peccati contro l’ambiente e il pianeta”.
Ne è convinto mons. Ciocca Vasino, che rispondendo alle domande dei giornalisti ha fatto notare che “tutta l’ecclesiologia andrebbe ripensata integrando il concetto di ecologia integrale: sarebbe un grande allargamento della prospettiva ecclesiologica”.