“Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. Gerusalemme è vicina, così come il tempo della prova per Gesù e per i suoi discepoli. Ancora il tema della preghiera in primo piano, nel brando di Luca, lungo la strada verso la città santa. È una necessità per Mosè la preghiera, non ha altra arma per difendere il popolo da Amalèk, leggiamo nella prima lettura dal Libro dell’Esodo. Luca ci mostra con la parabola della vedova – nella Bibbia, vedova e orfani sono le categorie più bisognose, perché indifese – che si rivolge al giudice per ottenere giustizia, come la perseveranza nella preghiera porti frutto. Se un giudice disonesto accoglie la preghiera, tanto più Dio che è buono, esaudirà chi lo prega, ci dice Luca. Infine, Paolo nella Lettera a Timoteo, seconda lettura, esorta il giovane discepolo a perseverare nello studio delle scritture, e dunque nella preghiera.
Ma il figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? Ci interpella questa domanda, anche in questo nostro tempo, afferma ancora Francesco; un tempo “segnato da una globalizzazione che dovrebbe essere solidale e rispettosa della particolarità dei popoli, e invece soffre ancora della omologazione e dei vecchi conflitti di potere che alimentano guerre e rovinano il pianeta”. In questo tempo “i credenti sono chiamati a portare ovunque, con nuovo slancio, la buona notizia che in Gesù la misericordia vince il peccato, la speranza vince la paura, la fraternità vince l’ostilità”.
E torna il monte nelle parole del Papa: “ci ricorda che i fratelli e le sorelle non vanno selezionati, ma abbracciati, con lo sguardo e soprattutto con la vita. Il monte lega Dio e i fratelli in un unico abbraccio, quello della preghiera. Il monte ci porta in alto, lontano da tante cose materiali che passano; ci invita a riscoprire l’essenziale, ciò che rimane”.
Per questo, sottolinea il vescovo di Roma nell’omelia per la giornata missionaria, bisogna salire, “bisogna lasciare una vita orizzontale, lottare contro la forza di gravità dell’egoismo, compiere un esodo dal proprio io”. Salire senza pesi superflui. L’annuncio, la missione, non è “belle parole” ma “vita buona: una vita di servizio, che sa rinunciare a tante cose materiali che rimpiccioliscono il cuore, rendono indifferenti e chiudono in sé stessi; una vita che si stacca dalle inutilità che ingolfano il cuore e trova tempo per Dio e per gli altri”.
Salire il monte, raggiungere la meta: tutti.
“Il Signore è ostinato nel ripetere questo tutti”, afferma Francesco, perché “ciascuno è un tesoro prezioso e il senso della vita è donare agli altri questo tesoro. Ecco la missione: salire sul monte a pregare per tutti, e scendere dal monte per farsi dono a tutti”, e condividere così “con gli altri la gioia del discepolato. Non conquistando, obbligando, facendo proseliti, ma testimoniando. La missione è “donare aria pura, di alta quota, a chi vive immerso nell’inquinamento del mondo; portare in terra quella pace che ci riempie di gioia ogni volta che incontriamo Gesù sul monte, nella preghiera; mostrare con la vita e persino a parole che Dio ama tutti e non si stanca mai di nessuno”.
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