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DIOCESI – Pubblichiamo la prima parte della lettera pastorale “Con Cristo in missione nel mondo”, per l’anno 2019/2020, del Vescovo della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, Mons. Carlo Bresciani.
Missione: vocazione di ogni cristiano
«Tutti i cristiani, dovunque vivano, sono tenuti a manifestare con l’esempio della loro vita e con la testimonianza della loro parola l’uomo nuovo, di cui sono stati rivestiti nel battesimo, e la forza dello Spirito Santo, da cui sono stati rinvigoriti nella cresima; sicché gli altri, vedendone le buone opere, glorifichino Dio Padre e comprendano più pienamente il significato genuino della vita umana e l’universale legame di solidarietà degli uomini tra loro».
Ognuno di noi, in virtù del suo Battesimo, è inviato dallo Spirito a rendere testimonianza a Gesù con la propria vita.
Partecipiamo intimamente alla missione della Chiesa, al punto che quando si dice: “la Chiesa dovrebbe fare…”, ogni cristiano dovrebbe invece pensare “io nella Chiesa dovrei fare…”.
Ognuno è chiamato a collaborare per rendere la Chiesa una casa accogliente, spalancando innanzitutto le porte del proprio cuore a Gesù Cristo e cercando i modi più adeguati per far incontrare anche gli altri con lui.
Siamo impegnati in prima persona, nella libera assunzione di responsabilità, a rendere efficace il messaggio di Gesù nel nostro contesto, facendo così proprio l’invio missionario e partecipando al compito pastorale della Chiesa.
Non si può scaricare sugli altri la responsabilità, e magari le colpe dei ritardi della Chiesa, sottraendosi alla responsabilità per il proprio eventuale disimpegno.
Significa che ogni cristiano deve prendersi cura della comunità e della sua vita, mettendosi a disposizione secondo le proprie capacità e formandosi a un servizio che, alla generosità, unisca la competenza della fede vissuta.
È necessario riscoprire sempre di nuovo questa coscienza anche all’interno delle nostre comunità cristiane.
Da questo dipende la loro vitalità e la capacità di trasmettere il Vangelo alle nuove generazioni. Tutti dobbiamo sentirci responsabili del Vangelo. A tutti è possibile darne buona testimonianza con la vita e con le opere là dove viviamo, anche se non a tutti, per vari motivi, è possibile rivestire ruoli pastorali specifici nella comunità.
Il futuro della Chiesa dipende certamente più che dalla numerosità del clero, di cui ci sarà comunque sempre bisogno, dalla buona testimonianza al Vangelo che noi sapremo dare, sentendoci responsabili del Vangelo e delle comunità di appartenenza in una fattiva collaborazione con altre comunità cristiane.
In un mondo globalizzato in cui si moltiplicano le relazioni, comunità cristiane chiuse su se stesse e incapaci di collaborazione pastorale tra loro rischiano di dare una contro-testimonianza alla
novità del Vangelo depotenziando la forza creativa dello Spirito.
Non è importante l’avere molto, ma il donare quello che si ha e si vive: al resto ci pensa Dio. Non ci sarà chiesto se abbiamo convertito il mondo (non siamo noi che lo convertiamo, ma Dio), ma se abbiamo avuto fiducia in Lui e abbiamo fatto la nostra parte. Non sono la vedova di Zarepta o il profeta Elia che hanno fatto il miracolo, ma Dio; non è il ragazzo che ha donato i cinque pani e i due pesci che ha fatto il miracolo, ma Gesù.
Nella Evangelii Gaudium papa Francesco ci consegna i cinque verbi della missione che vorremmo fare nostri: prendere l’iniziativa, coinvolgersi, accompagnare, fruttificare e festeggiare (cfr. n. 24).
Prendere l’iniziativa: possiamo osare di più sulla parola di Gesù, sapendo che è lui a prendere per primo l’iniziativa verso di noi.
Coinvolgersi: non possiamo vivere la fede stando a guardare cosa succede, da spettatori in panchina e magari solo come osservatori critici e brontoloni. La Chiesa è cosa che ci sta a cuore, per questo ci lasciamo coinvolgere.
Accompagnare: vuol dire farsi compagno di viaggio, con pazienza, sapendo che i processi a volte sono lunghi e non sempre facili.
Ogni cammino ha le sue gioie e le sue asperità. Vogliamo imparare a farci compagni di viaggio nella fede non solo con la nostra parrocchia, ma anche con altre comunità. Abbiamo la stessa fede da condividere.
Fruttificare: i frutti vengono dopo la semina, mai prima. Perché ci siano i frutti occorre seminare la Parola di Dio nelle situazioni concrete del nostro mondo nel quale buon seme e zizzania si mescolano, senza perdere la pace a causa del fatto che c’è anche della zizzania.
Festeggiare: ogni piccola vittoria, ogni piccolo passo in avanti è fonte di gioia e va celebrato rendendo grazie a Dio. Lo facciamo ogni domenica nella celebrazione eucaristica insieme alla comunità. In questo anno pastorale vorremmo fare nostre queste azioni insieme alle nostre comunità parrocchiali e con le comunità parrocchiali vicine a noi.