M. Chiara Biagioni

Lo scopo è far entrare lo sguardo della “ecologia integrale” nel cuore stesso della vita cristiana, dalle diocesi alle comunità religiose e ai movimenti. In ogni aspetto, dal servizio ai migranti e ai più poveri fino alla sanità. Perché “non ci si può mettere in ascolto del grido della natura, se non ci mettiamo in ascolto del grido dei poveri e non possiamo metterci in ascolto del grido dei poveri se non ci prendiamo cura del Creato”. È la grande “rivoluzione” che la Chiesa di Francia ha deciso di avviare, alla luce della enciclica Laudato si’ di Papa Francesco. A spiegarlo al Sir è padre Thierry Magnin, segretario generale della Conferenza episcopale francese. Si tratta di un progetto di ricerca che verrà avviato a Lourdes il prossimo 3 novembre e si prefigge un percorso di tre anni. La “novità” è che, per la prima volta nella storia di una Assemblea plenaria di vescovi, alla riflessione parteciperanno anche sacerdoti, religiosi, laici, uomini e donne. Due persone per diocesi, scelte non perché “necessariamente sono degli specialisti”.Viene piuttosto chiesto a tutti, vescovi compresi, di lasciarsi coinvolgere in una “dinamica sinodale” per “riflettere insieme sul futuro della missione nella loro diocesi”.Un metodo di lavoro nuovo, nato all’indomani della nuova presidenza della Cef, composta da mons. Éric de Moulins-Beaufort e dai due vicepresidenti, mons. Dominique Blanchet e mons. Olivier Leborgne.

Una visione integrale della vita. Un impegno, quello ecologico, che i vescovi hanno già preso alcuni anni fa, esattamente nel 2017 quando, insieme alle Chiese protestanti e ortodosse, hanno lanciato l’etichetta “Eglise verte” per incoraggiare, con un percorso a cinque tappe, la conversione ecologica di parrocchie e comunità.

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“Siamo convinti che ci sono aspetti della vita pastorale che possono essere profondamente illuminati dalla visione della ecologia integrale”, dice padre Magnin. Per ecologia integrale si intende uno sguardo allargato alla natura ma anche alle relazioni sociali. Significa rispettare i poveri ma anche la qualità delle relazioni sociali. Presuppone che tutto è legato al tutto e che l’azione che si porta avanti in un ambito ha ripercussioni su un altro. “Per troppo tempo invece abbiamo separato le cose”, dice Magnin.“Da una parte, abbiamo messo l’ecologia, la questione del clima e dell’ambiente, la protezione della natura. Dall’altra, le questioni sociali, la Dottrina sociale della Chiesa, le povertà. Tutto è rimasto per troppo tempo distante. Con l’ecologia integrale queste due prospettive si uniscono. Papa Francesco dice che lo sguardo che abbiamo sul povero è lo stesso che abbiamo sull’embrione umano, sulle relazioni sociali, sulla natura. Ci siamo quindi detti che lavorare sulla ecologia integrale ci permette di ampliare il nostro pensiero e, al tempo stesso, unificare le diverse visioni di vita che fino ad oggi sono rimaste separate”.

Assemblea sinodale ma anche aperta. Nel corso di questi 3 anni, nelle due Assemblee plenarie annuali, i vescovi si metteranno in ascolto di persone già fortemente impegnate in diversi ambiti della società civile. Sono espressione di professioni e provenienze diverse ma anche membri di associazioni, gruppi e reti già esistenti. D’altronde, la questione ecologica non è propriamente una tematica “ecclesiale”. “Intorno alle comunità cristiane, molti giovani scelgono stili di vita radicali in rispetto dell’ambiente, in nome della loro responsabilità ecologica”. In una nota del Consiglio permanente, si fa riferimento all’alimentazione vegetariana e a pratiche anche estreme di rispetto della natura. “La maggior parte non ha bisogno della Chiesa per cambiare il loro modo di vivere: lo fanno spinti da una convinzione umana, a volte alimentata dalla fede cristiana, più spesso attingendo ad altre tradizioni culturali o spirituali”.

“Al tempo stesso sentiamo che il Vangelo ha qualcosa da dire”, aggiunge padre Magnin. “In particolare – spiega – constatiamo che oggi ci sono teorie catastrofiche che circolano e che teorizzano il collasso finale del pianeta. Quello che ci preoccupa è questo sguardo totalmente pessimista senza speranza che rischia anche di generare forme di violenza. Quindi il nostro è un atteggiamento di apertura verso quello che ci arriva dalla società ma nel desiderio di partecipare a questo movimento e contribuire con il Vangelo a dare un segno di speranza a questa ricerca comune”.

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