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Sorelle Clarisse: “Sentiamoci bisognosi dell’amore di Dio”

DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto.

«La preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità».
Perché «il povero grida e il Signore lo ascolta?». Che cosa c’è di tanto particolare nella sua preghiera da convincere Dio ad ascoltarla e accoglierla?

Ce lo spiega bene la liturgia di questa domenica che ci fa incontrare un Dio che «…non trascura la supplica dell’orfano…»: la supplica è una invocazione fervida e implorante, accorata, che non conosce sosta!
Ancora, incontriamo un Dio che «…non trascura la vedova, quando si sfoga nel lamento…», quando esplodono in lei, non più trattenibili, stati d’animo e sentimenti di sofferenza, disagio, morte.
Un Dio a cui arriva la preghiera dell’oppresso, di colui che è tormentato, appesantito, affranto e che prega Dio di liberarlo dalla fatica, dagli abusi e costrizioni subite.

Perché Dio ascolta queste preghiere? Perché esse sono il grido con cui l’uomo “sveglia” Dio, un grido che sveglia perché viene da una situazione concreta di bisogno e necessità: «Gridano e il Signore li ascolta, li libera da tutte le loro angosce»!

È la preghiera del pubblicano della pagina evangelica: «…fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”». Quest’uomo parla a voce alta, non nasconde quello che è; è consapevole di ciò che fa e verso dove sta andando, del bisogno di essere sollevato, così come l’orfano, la vedova, l’oppresso…ogni povero! E si mette davanti a Dio riconoscendo in Lui l’unico in grado di potergli dare vita.

Non può, invece, arrivare a Dio, la preghiera del fariseo, perché, innanzitutto, egli parla «tra sé». Non grida, non supplica, non si sfoga, anzi, fa di se stesso un auto elogio, ponendo la sua vita ad un gradino superiore a quella di «altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri…» e quasi alla pari con Dio.

Dice il salmista «…non sarà condannato chi in Lui si rifugia»: non è così per il fariseo che non ha bisogno, a detta sua, di alcun rifugio o di qualcuno che lo aiuti a leggere le coordinate della propria vita. Egli basta a se stesso!

«Il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza…il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno»: sono parole di Paolo, un uomo che, nell’imminenza della sua morte, grida a Dio la sua solitudine ma, guardando a tutta la sua esperienza di vita, riafferma con forza la fedeltà a Lui, «il giudice giusto», colui che ha sempre ascoltato la sua preghiera di povero!

Sentiamoci anche noi, come l’apostolo, bisognosi della misericordia, cioè dell’amore di Dio, perché «chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia, sarà esaltato»!

Redazione: