SAN BENEDETTO DEL TRONTO – «Nella società moderna, un’eutanasia legalizzata, troppo permissiva, rischia di attivare un vero e proprio suicidio di massa». Ne è convinta la psicoterapeuta Antonella Baiocchi. Su questo scottante argomento, abbiamo ascoltato il suo parere dopo aver ospitato gli interventi di Don Gian Luca Rosati e del dottor Carlo Di Biagio.
Il concetto espresso dalla Baiocchi è piuttosto forte e viene chiarito così: «La possibilità di scegliere quando morire rischia di essere complice di quell’analfabetismo psicologico che fa interpretare la realtà in maniera insopportabile. Credere di conoscere dove sia la verità è una delle gravose conseguenze dell’analfabetismo psicologico. Chi costruisce la propria identità su convinzioni assolute, non tollera che tali convinzioni vengano disattese. Quando il “piano A” imposto dalla credenza assoluta è impossibile da attuare e non è capace di piegarsi al “piano B”, le persone soffrono terribilmente fino a contemplare il suicidio per sfuggire al dolore e l’omicidio per punire chi si è permesso di disattendere i propri programmi».
L’esperta sottolinea come in alcuni Paesi ci sono cliniche attrezzate per scegliere il momento della morte anche per dolori derivanti dalla cosiddetta “sofferenza psichica”. «Il dolore interiore di altissimo livello nella gran parte dei casi – spiega ancora – è creato dal modo in cui si interpreta la realtà e non da ciò che capita di spiacevole durante il percorso di vita: è un dolore quindi che con un bravo psicoterapeuta può essere disinnescato, bonificando “i file tossici delle mappe mentali” che si utilizzano per interpretare gli eventi che accadono».
La Baiocchi ci tiene a sottolineare di essere una donna di scienza e di fede. E, nel rispetto reciproco di queste due sfere, lei ritiene sia comunque possibile concedere la possibilità di sospendere le cure a chi si trova alle prese con una malattia fisica incurabile e terminale che causa sofferenze e dolori inarrestabili, non trattabili con le cure palliative.
Ricordiamo la posizione della Chiesa sull’accanimento terapeutico, espressa con precisione dal Catechismo della Chiesa Cattolica: “l’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’accanimento terapeutico. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire”
Il presidente dei vescovi italiani anzitutto chiarisce che «l’eutanasia non va confusa con il rifiuto dell’accanimento terapeutico» e che piuttosto essa «viene a rassomigliare fortemente al cosiddetto “suicidio assistito”, nel quale è il malato stesso a darsi la morte, in seguito all’aiuto prestatogli, su sua richiesta, da parte del personale sanitario» che dunque, a sua volta, «differisce solo formalmente dall’eutanasia, poiché in entrambi i casi l’intenzione dell’atto e il suo effetto sono i medesimi, cioè la morte della persona» che viene direttamente provocata. Anzitutto Bassetti esamina il paradosso culturale diffuso a sostegno della “morte a richiesta”, secondo la quale «esaudire chi chieda di essere ucciso equivalga a esaltarne la libertà personale».
Il cardinale nel suo intervento rovescia la tesi affermando che «va respinto il principio per il quale la richiesta di morire debba essere accolta per il solo motivo che proviene dalla libertà del soggetto» poiché «la libertà non è un contenitore da riempire e assecondare con qualsiasi contenuto, quasi la determinazione a vivere o a morire avessero il medesimo valore».
Spesso infatti si chiede la morte per una deformazione evidente del nostro tempo, e cioè che «la condizione di chi è meno autonomo sia percepita come una zavorra per la famiglia, per la società e per la comunità dei “forti”», un fatto «drammatico».
Il presidente dei vescovi sul punto è categorico: «Dobbiamo guardarci dall’entrare anche noi, presto o tardi, nel vortice dell’indifferenza. Svegliamoci dal cinismo economicista che genera una mentalità che guarda solo all’efficienza. Circondiamo i malati e tutti i più deboli dell’amore del quale, come ogni essere umano, hanno bisogno per vivere». Ogni uomo infatti «ha una necessità costitutiva di relazione con gli altri». Non solo: va ricordato, oggi più di prima, che «la vita, più che un nostro possesso, è un dono che abbiamo ricevuto e dobbiamo condividere, senza buttarlo».
«La scelta di sospendere le cure mediche nei casi di cui si è detto, deve comunque essere una decisione cosciente e consapevole presa dal diretto interessato, al quale nessuno dovrebbe sostituirsi – scandisce la Baiocchi – per questo dovrebbe essere una decisione presa per tempo e legittimamente».
«La nascita di certe cliniche dove si permette di scegliere il momento di morire anche ai di là dei rigidissimi paletti che ho detto poco fa, è un qualcosa di molto pericoloso ed è assolutamente da scongiurare. Vanno assolutamente tenute strette le maglie della legge, perché c’è rischio di un’idea suicidaria sempre più diffusa. Per certi tipi di dolori insopportabili invece di pensare alla morte bisognerebbe pensare a come fornire alle persone la possibilità di superare il loro analfabetismo con un aiuto psicoterapico reso accessibile e fruibile da tutte le persone».
Ciò che è auspicabile, e previsto dalla legge, è fornire a tutti le terapie palliative che permettono sia il trattamento del dolore che la cura globale della persona.