“È preoccupante il silenzio con cui si tollerano gli attacchi al Papa, che provengono spesso dall’interno della comunità ecclesiale”. È quanto afferma il gesuita padre Bartolomeo Sorge in un’intervista in uscita sul numero di novembre di Vita Pastorale.
Nell’anticipazione padre Sorge afferma che “servono a ben poco le dichiarazioni formali di filiale adesione e attaccamento alla persona del Papa; occorre, piuttosto, trovare il modo di spiegare ai fedeli, in forma chiara e convincente, che il servizio petrino nella Chiesa rimane sempre immutato, anche se cambia il modo di esercitarlo, come fa Francesco”. “In altre parole – prosegue il gesuita – le accuse al Papa non vanno viste come uno scandalo che è meglio ignorare, ma come un’opportunità di nuova evangelizzazione”. In questi anni di “crisi profonda” in cui “stiamo vivendo un cambio di civiltà, il passaggio cioè dall’era industriale all’era tecnologica, da un mondo chiuso nei propri confini al mondo globalizzato”, anche la Chiesa è coinvolta, perché “la Chiesa cammina con il mondo”, spiega padre Sorge. “È urgente – prosegue – che la coscienza dei fedeli sia illuminata con interventi chiari e comprensibili, affinché poi essi stessi, come cittadini, siano in grado di smascherare chi cerca di estorcere il consenso politico, attraverso la diffusione nel Paese di un clima di odio e di paura, servendosi perfino dei simboli religiosi. Un metodo, questo, che in Sicilia ho visto usare anche dalla mafia”.
Padre Sorge auspica che ci siano “coraggiose prese di posizione magisteriali, di fronte al dilagare in Italia di una cultura razzista o ‘dello scarto’”. Secondo il gesuita è giunto il tempo per un Sinodo, “per svegliare la Chiesa italiana dalla sonnolenza, dopo che cinque Convegni ecclesiali non vi sono finora riusciti”. Un Sinodo, che viene richiesto sempre da più parti e che, a convocarlo, “per usare l’espressione cara a Francesco, devono essere ‘popolo e pastori’ insieme”.
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