Competenza e compassione: queste le due parole d’ordine richiamate ieri dal Papa nell’udienza ai membri della Fondazione Don Carlo Gnocchi. “Il senso e il valore della professione sanitaria e di ogni servizio reso al fratello infermo – ha spiegato Francesco – si manifestano pienamente nella capacità di coniugare competenza e compassione, ambedue insieme”. La competenza è frutto di preparazione, esperienza e aggiornamento; “tutto questo è sostenuto da una forte motivazione di servizio al prossimo sofferente, motivazione che nel cristiano è animata dalla carità di Cristo”. La competenza, ha proseguito il Papa, “rende credibile la testimonianza dei fedeli laici nei diversi aspetti e ambienti della società” e “ti garantisce anche quando vai controcorrente rispetto alla cultura dominante: nel vostro caso, quando dedicate tempo e risorse alla vita fragile, anche se a qualcuno può sembrare inutile o addirittura indegna di essere vissuta”. Ma da sola non basta: per Francesco “la sofferenza dei fratelli chiede di essere condivisa, chiede atteggiamenti e iniziative di compassione. Si tratta di ‘soffrire con’, compatire come Gesù che per amore dell’uomo si è fatto Egli stesso uomo”.

Dirigendosi verso l’uscita accompagnato da un coro che scandiva il suo nome, il Papa si è soffermato di nuovo con i malati più gravi tra i quali diversi ragazzi cerebrolesi. Il suo discorso era stato preceduto dal saluto del presidente della Fondazione, don Vincenzo Barbante, e dalla testimonianza e dall’abbraccio commosso di Rocco, 42, di un paesino della Basilicata, gravemente colpito da un ictus, ora ristabilito dopo le cure e la riabilitazione presso la Don Gnocchi.

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