La delegazione caldea era composta dal patriarca, dallo stesso mons. Yaldo, dagli altri due ausiliari patriarcali, mons. Shleimun Warduni e mons. Robert Jarjis, e da diversi sacerdoti. Una visita iniziata in modo particolare visto che “il patriarca e il suo seguito si sono dovuti avvicinare alla piazza che dal 1° ottobre ospita le manifestazioni anti-governative usufruendo di un mezzo di locomozione alternativo, uno delle migliaia di Tuc Tuc (piccoli veicoli a tre ruote adibiti al trasporti di cose e persone, ndr.) che in queste proteste stanno svolgendo un ruolo cruciale fungendo addirittura da ambulanze. Arrivati a destinazione il giovane che lo guidava ha però rifiutato di essere pagato spiegando che era stato un onore per lui trasportarli”. Un gesto attribuito da mons. Yaldo “all’amor proprio e all’orgoglio iracheno”. Mons. Yaldo descrive piazza Tahrir con “migliaia di ragazze e ragazzi” intenti a “pulire, cucinare, distribuire bevande, cantare e scandire slogan per un futuro migliore” e con le forze di sicurezza impegnate a “cercare di regolare il traffico e di aiutare chi ne aveva bisogno”. Dalla piazza poi la delegazione si è spostata al palazzo di 14 piani divenuto ormai il simbolo delle proteste, chiamato il “Ristorante turco” dove “a migliaia sostano sventolando le bandiere segno dell’identità nazionale”. Una chiara testimonianza del “livello di coesione raggiunto dagli iracheni di ogni componente etnica e religiosa”. Mons. Yaldo ricorda le parole di benvenuto ricevute dalla delegazione: “Benvenuti ai nostri fratelli cristiani, saluti al Papa, onori a voi e benedizioni da voi.
Nella piazza – aggiunge il vescovo – abbiamo visto dottori e volontari curare le ferite dei loro fratelli, avvocati che si sono messi a disposizione per offrire protezione legale, il personale militare che lavora 24 ore al giorno per proteggere il Paese, gli artisti che stanno dipingendo la parte del tunnel automobilistico che conduce alla piazza. Questo è l’Iraq che conosciamo, il popolo del coraggio, della bontà e della generosità. Viva l’Iraq”. Le chiese stanno accompagnando questo tempo di proteste con la preghiera, come conferma mons. Yaldo: “Abbiamo chiesto che ogni sacerdote continui a pregare nella propria chiesa permettendo così ai fedeli di partecipare”. Per il patriarca caldeo, Mar Sako, secondo quanto riportato dal vescovo ausiliare, “le proteste sono guidate dal desiderio dei giovani che si trovano a percorrere una strada senza uscita. Essi chiedono i diritti di base, lavoro, salute, istruzione, servizi. Chiunque privi di questi fondamentali diritti i propri cittadini commette un peccato imperdonabile”. Il “senso di unità” mostrato in questi giorni dai dimostranti, secondo il card. Sako, “deriva dal dolore condiviso e può essere la base della costruzione del futuro dell’Iraq”.