Ancora ore drammatiche di attacco alla chiesa di vivono in Nicaragua e precisamente a Masaya , già lo scorso anno epicentro della protesta e della repressione sandinista. Giovedì l’Esercito e la Polizia avevano inizialmente impedito al parroco di San Michele Arcangelo, padre Edwin Román, di celebrare una messa con i parenti delle vittime. La messa è stata poi celebrata ma vi hanno preso parte solo pochissime persone, quelle entrate in chiesa prima dell’arrivo delle forze filogovernative.
I fedeli rimasti in chiesa hanno poi deciso di rimanere dentro il tempio come forma di testimonianza e protesta e ieri sono stati in pratica messi sotto assedio da agenti e soldati, che hanno tolto l’acqua e l’elettricità dentro la chiesa. Hanno inoltre impedito l’accesso ad alcuni sacerdoti accorsi a dare solidarietà a padre Román, come denuncia l’ufficio stampa dell’arcidiocesi di Managua.
La stessa arcidiocesi ha diffuso una nota nella quale si rende noto che l’arcivescovo, il card. José Leopoldo Brenes, “dal momento in cui ha preso conoscenza dell’impedimento ai fedeli di entrare nel tempio e del blocco dei servizi di base, ha mantenuto una comunicazione permanente con padre Edwin Román”, al quale ha manifestato “vicinanza, preghiera e appoggio, e così pure ai suoi fedeli”.
L’arcivescovo, insieme al clero diocesano, “condanna con forza l’assedio e l’intimidazione sofferti da padre Edwin e dai fedeli da parte della Polizia nazionale”. E fa appello a rispettare il libero movimento delle persone, garantito dall’articolo 54 della Costituzione.
Il card. Brenes, inoltre, manifesta il suo “totale appoggio all’opera umanitaria, propria della Chiesa, che ha realizzato padre Edwin Román assieme ad altri sacerdoti a partire dall’inizio della crisi politica e sociale, nell’aprile del 2018”.