La libertà “è possibile solo se siamo capaci di sentirci corresponsabili gli uni degli altri e di superare qualsiasi forma di disuguaglianza”.
Lo ha detto il Papa, che nel suo primo discorso in Thailandia, rivolto alle autorità, alla società civile e al Corpo diplomatico si è riferito all’etimologia del nome del Paese.
“Occorre lavorare perché le persone e le comunità possano avere accesso all’educazione, al lavoro degno, all’assistenza sanitaria, e in tal modo raggiungere i livelli minimi indispensabili di sostenibilità che rendano possibile uno sviluppo umano integrale”, l’appello.
Poi il riferimento ai movimenti migratori, “uno dei segni caratteristici del nostro tempo”: “Non tanto per la mobilità in sé, quanto per le condizioni in cui questa si svolge, fenomeno che rappresenta uno dei principali problemi morali da affrontare per nostra generazione. La crisi migratoria non può essere ignorata”.
La stessa Thailandia, “nota per l’accoglienza che ha concesso ai migranti e ai rifugiati, si è trovata di fronte a questa crisi dovuta alla tragica fuga di rifugiati dai Paesi vicini”, ha fatto notare il Papa, auspicando, ancora una volta, che “la comunità internazionale agisca con responsabilità e lungimiranza, possa risolvere i problemi che portano a questo tragico esodo e promuova una migrazione sicura, ordinata e regolata”. “Possa ogni nazione approntare dispositivi efficaci allo scopo di proteggere la dignità e i diritti dei migranti e dei rifugiati, i quali affrontano pericoli, incertezze e sfruttamento nella ricerca della libertà e di una vita degna per le proprie famiglie” l’auspicio di Francesco, che ha ribadito: “Non si tratta solo di migranti, si tratta anche del volto che vogliamo dare alle nostre società”.
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