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L’agricoltura tartassata dal maltempo manifesta tutta la sua fragilità

Andrea Zaghi

Agricoltura settore fragile ma non domabile. Resiliente, si potrebbe dire a ragion veduta, in grado (spesso) di riprendere vigore dopo la tempesta. Eppure così sottoposto alle bizze del clima, così come dei mercati. Altro, insomma, dall’industria. Le cronache di questi giorni ci restituiscono l’immagine di campi allagati e stalle abbattute. Immagini che raccontano bene cosa stanno passando gli agricoltori. Sempre in queste ore, tuttavia, altre cronache ci dicono delle forza di un settore che contribuisce al successo dell’agroalimentare e che fa bene così a tutta l’economia.

Le istantanee che arrivano da molte aree italiane dicono tutto: pecore, maiali e mucche affogate, ortaggi distrutti, foraggi per l’alimentazione degli animali perduti, vigneti e frutteti devastati, olive abbattute a terra, serre divelte e capannoni scoperchiati ma anche trattori e macchine agricole nel fango. Il conto che i coltivatori diretti hanno fatto arriva già ad oltre 100 milioni di euro. Poi c’è il futuro. Coldiretti spiega infatti che “a preoccupare è anche l’impossibilita di seminare nei terreni allagati”. Gli agricoltori spesso non riescono neppure a entrare nei campi per effettuare le necessarie operazioni colturali mentre, dove si è già seminato, i germogli e le piantine rischiano di soffocare per la troppa acqua. “Se il maltempo dovesse proseguire – continua la Coldiretti – sarebbe impossibile completare le semine, con il conseguente azzeramento di buona parte dei raccolti”.

Tutto ciò che sta accadendo è la dimostrazione concreta della fragilità dell’agricoltura. Proveniente da una fabbrica a cielo aperto (nella gran parte dei casi), la produzione agricola è esposta alle bizze del clima così come ad una serie di difficoltà, dalle malattie all’inquinamento, che possono anche nel giro di poche ore azzerare interi raccolti e comprometterne altri. Senza contare che le imprese agricole hanno a che fare con esseri viventi e non con viti e bulloni.

Fragilità dunque, di un settore importante per tutti noi. Ma anche grande variabilità delle condizioni e meravigliosa capacità di ripresa. Due possono essere gli esempi per capire meglio. La grande diversità delle condizioni di produzione, proprio in queste ore, ha determinato stime di danni che arrivano anche a 500 milioni di euro (come quelle calcolate da Confagricoltura), mentre in altri casi ci si ferma molto prima. Non si tratta di stime farlocche ma dell’effetto di condizioni diverse. Poi c’è la capacità di ripresa. Quelle stesse caratteristiche che rendono fragile la produzione dei campi e delle stalle, spesso costituiscono la forza nascosta del settore. Certo, dopo una grandinata oppure una tempesta di vento i danni ci saranno sempre (e pesanti), ma basta ricordare il grano che, piegato dal vento quasi a terra, riprende a crescere facendo con lo stelo quasi un gomito per comprendere le risorse a disposizione.

Detto tutto ciò, è necessario tornare alle cronache che, come si diceva all’inizio, danno risalto anche alla forza e al contributo dell’agricoltura al più vasto comparto agroalimentare che, hanno ricordato i coltivatori diretti citando uno studio di The European House – Ambrosetti, “è la prima filiera estesa dell’Italia con un fatturato di 538 miliardi di euro e un valore aggiunto superiore di quattro volte alla filiera dell’automobile”. Si tratta di una filiera dai campi alle nostre tavole che ha fatto segnare un +4,2% nel fatturato proprio recentemente e che se deve certamente riequilibrarsi al suo interno (dando più spazio per esempio proprio al valore aggiunto agricolo), dice molto sul ruolo delle imprese agricole. Forza verde, insomma.

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