“Il Sud Sudan è uno dei posti del mondo dove è in corso da anni un conflitto civile, dove la vita è minacciata, dove persone innocenti stanno morendo a causa di una cattiva gestione del potere, a causa della fame, delle carestie. La Chiesa ha il mandato di portare nella storia il Regno di Dio. E il Regno di Dio è un regno di giustizia, di pace, di riconciliazione, di uguaglianza”. Questo il “motivo” profondo che spinge Papa Francesco e l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby a volersi recare nel paese africano. Desiderio più volte espresso ma ufficialmente formalizzato al termine di un incontro che si è svolto in Vaticano il 13 novembre scorso. Era presente anche l’arcivescovo Ian Ernest, arcivescovo direttore del Centro Anglicano di Roma e rappresentante della Comunione Anglicana presso la Santa Sede, ed è lui a delineare per il Sir i presupposti e le speranza di questa visita.
L’impegno delle Chiese per il Sud Sudan ha una storia importante. Sul campo opera un Consiglio delle Chiese cristiane. Moltissime sono le ong e i religiosi impegnati in progetti di aiuto alla popolazione. La Comunità di Sant’Egidio ha ospitato recentemente a Roma una tre giorni di colloqui alla quale hanno partecipato i rappresentanti del South Sudan Opposition Movements Alliance, la coalizione dei movimenti di opposizione che non avevano aderito all’Accordo di pace di Addis Abeba del settembre 2018. Storico è stato il ritiro spirituale che si è tenuto nell’aprile di quest’anno in Vaticano al quale sono stati invitati le autorità civili ed ecclesiastiche del Sud Sudan. Infine, il recente incontro di Papa Francesco con l’arcivescovo Welby dove è stata ufficializzata la visita che i due leader intendono fare insieme al Paese. Nella nota della Santa Sede si precisa però che il viaggio si farà solo dopo l’effettiva costituzione di un governo transitorio di unità nazionale nei prossimi 100 giorni.Si tratta – spiega l’arcivescovo Ernest – di una “clausola” importante perché in qualche modo “obbliga” i leader politici sud sudanesi a rimanere fedeli all’impegno preso in Vaticano di lavorare per la pace e la riconciliazione nel Paese.
“Laddove c’è una volontà, c’è anche una strada da percorrere”, osserva il direttore del centro anglicano di Roma. “Quello che papa Francesco e l’arcivescovo Justin stanno facendo è dare un’opportunità perché un governo possa formarsi e possa veramente generare una trasformazione. Chiedono però ai leader politici del Paese di essere servitori del loro popolo. Non sono stati scelti per essere serviti ma per servire. Il futuro è nelle loro mani. Hanno nelle loro mani, come un fragile uccello, il destino del popolo sud sudanese, cosa ne vogliono fare? Vogliono aprire le loro mani in modo che il popolo possa spiccare liberamente il volo oppure vogliono farlo morire nella povertà, nella ingiustizia, nel conflitto. Tutti saremo giudicati dalle nostre azioni”.