“La magia non è cristiana”. Lo ha detto il Papa, nella catechesi dell’udienza di ieri, pronunciata in piazza San Pietro davanti a 9mila persone e infarcita di interventi a braccio. “La potenza di Dio che irrompe ad Efeso smaschera chi vuole usare il nome di Gesù per compiere esorcismi ma senza avere l’autorità spirituale per farlo – racconta Francesco sulla scorta degli Atti degli apostoli – e rivela la debolezza delle arti magiche, che vengono abbandonate da un gran numero di persone che scelgono Cristo e abbandonano le arti magiche”. “Un vero capovolgimento per una città, come Efeso, che era un centro famoso per la pratica della magia!”, esclama il Papa a proposito dell’incompatibilità tra la fede in Cristo e la magia.
“Se scegli Cristo non puoi ricorrere al mago”,
il monito: “La fede è abbandono fiducioso nelle mani di un Dio affidabile che si fa conoscere non attraverso pratiche occulte ma per rivelazione e con amore gratuito”. La magia – l’analisi del Papa – non è “una cosa antica”, si pratica anche oggi “nelle grandi città”, dove la gente va a farsi leggere i tarocchi o le carte. “Per favore, la magia non è cristiana”, l’appello del Papa: “Queste cose che si fanno per indovinare il futuro, o indovinare tante cose, o per cambiare situazioni di vita non sono cristiane. La grazia di Cristo ti porta tutto: prega e affidati al Signore”.
“La diffusione del Vangelo ad Efeso – prosegue il Papa – danneggia il commercio degli argentieri, che fabbricavano le statue della dea Artemide, facendo di una pratica religiosa un vero e proprio affare”. “Su questo io vi chiedo di pensare”, l’invito.
“Vedendo diminuire quell’attività che fruttava molto denaro, gli argentieri organizzano una sommossa contro Paolo, e i cristiani vengono accusati di aver messo in crisi la categoria degli artigiani, il santuario di Artemide e il culto di questa dea”, racconta Francesco, ricordando che Paolo, poi, parte da Efeso diretto a Gerusalemme e giunge a Mileto: “Qui manda a chiamare gli anziani della Chiesa di Efeso – i presbiteri, sarebbero i sacerdoti – per fare un passaggio di consegne ‘pastorali’. Siamo alle battute finali del ministero apostolico di Paolo e Luca ci presenta il suo discorso di addio, una sorta di testamento spirituale che l’apostolo rivolge a coloro che, dopo la sua partenza, dovranno guidare la comunità di Efeso”.
“È una delle pagine più belle del libro degli Atti degli apostoli”, il commento unito al consiglio di leggere oggi il brano relativo: “È un modo di capire come si congeda l’apostolo e anche come i presbiteri oggi devono congedarsi, e come tutti i cristiani devono congedarsi. È una bellissima pagina”.
“Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge”. Per san Paolo, è questo “il lavoro del pastore: fare la veglia, vegliare, su se stessi e sul gregge”. “Il pastore deve vegliare, il parroco deve vegliare, fare la veglia”, l’imperativo del Santo Padre:
“I presbiteri devono vegliare, i vescovi, il Papa devono vegliare,
fare la veglia per custodire il gregge e anche fare veglia su se stessi, esaminare la coscienza e vedere come compie questo dovere del vegliare”. “Agli episcopi è chiesta la massima prossimità con il gregge, riscattato dal sangue prezioso di Cristo, e la prontezza nel difenderlo dai lupi”, prosegue Francesco: “I vescovi devono esser vicinissimi al popolo per custodirlo per difenderlo, non staccati dal popolo”, la raccomandazione. “Mi raccomando, non dimenticatevi oggi”, l’invito finale: “Prendete la Bibbia, il capitolo 20 degli Atti degli Apostoli dal versetto 17: è un gioiello e ci farà bene a tutti”.