“C’è paura. La si avverte dappertutto e in diverse classi sociali, ad eccezione di chi guadagna molti soldi. E la riforma annunciata delle pensioni ha fatto esplodere questa paura e convinto due milioni di persone in tutta la Francia a scendere per strada e manifestare”. A dare voce alle proteste dei francesi che venerdì 6 dicembre hanno aderito allo sciopero generale e manifestato contro la riforma delle pensioni è mons. Bernard Ginoux, vescovo di Montauban, famoso in Francia per essere stato a fianco dei gilet gialli della sua Regione. A scendere in piazza insegnanti, studenti, personale ospedaliero, agenti di polizia, addetti alla raccolta rifiuti, camionisti e lavoratori delle compagnie aeree. A far detonare un malcontento così generale, la proposta del presidente Emmanuel Macron di riformare il sistema previdenziale. In realtà il testo non esiste, ma le intenzioni del governo sono chiare: eliminare i privilegi che oggi il sistema francese riconosce ad alcune categorie di lavoratori così da uniformare i requisiti per l’accesso alla pensione. Ci sono infatti alcune categorie che hanno diritto a delle agevolazioni tali da anticipare e di molto il momenti del pensionamento.
“La gente ha paura”, spiega il vescovo. “Oggi i pensionati sono pagati, possono vivere bene, ricevono buoni contributi ma chi è nel mondo del lavoro guarda al suo futuro con preoccupazione perché vede incertezza, non sa come le restrizioni finanziarie potranno incidere sulla pensione futura. È la paura della generazione che lavora, di chi si sta avvicinando alla pensione, dei giovani che entrano nel mondo del lavoro. Ma questo è solo il volto visibile della manifestazione. Quel che si nasconde dietro, è un forte malessere sociale e l’impressione che il governo non faccia nulla”. Il vescovo – raggiunto telefonicamente dal Sir – racconta la fatica quotidiana che la gente fa ogni giorno per tirare avanti. Una classe media che guadagna anche meno di 1.500 euro al mese e quella cifra deve bastare per pagare i costi crescenti della vita.Non è raro trovare casi di donne sole con figli che lavorano per mille euro al mese e con quello stipendio devono pagare l’affitto, nutrire e mandare a scuola i bambini, mentre il costo della vita sale.Insomma, quella che si è vista allo sciopero generale è solo la punta di “un malcontento che dura ormai da molto tempo e che un anno fa ha preso la voce e il volto dei gillet gialli”. Sono situazioni di cui si parla pochissimo. Una sorta di “censura del pensiero”, dice il vescovo Ginoux che aggiunge: “Stiamo diventando sempre meno liberi di dire quello che pensiamo. Non restano che i social per parlare. Si denunciano via tweet le cose che non vanno, con espressioni che indicano una mancanza di ottimismo, la perdita di speranza per il futuro”.
Le piazze si riempiono ma chi scende per strada lo fa spontaneamente. “Lo abbiamo già visto con i gillet gialli”, concorda il vescovo: “I corpi intermediari non hanno più presa, non sanno più condurre, seguono i movimenti ma non li formano né tanto meno li presiedono”. Sono manifestazioni destinate a durare per un lungo periodo e se per Natale avranno forse uno stop, è probabile che ricomincino con l’inizio del nuovo anno e la loro ripresa avrà purtroppo un effetto di destabilizzazione sull’economia francese.Il presidente Macron si trova alla seconda metà del suo mandato e nei sondaggi è al ribasso, lontano dall’avere i voti sufficienti per essere rieletto alla Presidenza della Repubblica.A Macron, il vescovo Ginoux chiede di fare uno sforzo: “Riconquistare la fiducia della gente. Come? Deve capire che a questo punto le grandi parole, i grandi discorsi non servono più a niente. Dovrà dare degli elementi solidi, delle risposte precise alle richieste, perché le persone non abbiano più paura e possano di nuovo credere in lui. A spingere le persone allo sciopero e a manifestare, sono timori giustificati ai quali il Presidente deve rispondere. Le ragioni per cui manifestare sono giuste: l’incertezza delle pensioni, la precarietà del lavoro, le ingiustizie sociali, il divario crescente tra chi è ricco e chi è povero.
La gente si sente condannata.
La speranza è che la loro voce sia ascoltata ma soprattutto che ci siano gesti concreti che mostrano che c’è la volontà politica di occuparsi dei cittadini”.