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Il Papa: dare la vita per le persone concrete, amici e nemici

Debora Donnini – Città del Vaticano www.vaticannews.va

Dare la vita per una comunità concreta, con la gioia della Risurrezione e la passione per la gente, collaborando con i pastori nel servizio al popolo di Dio, nelle parrocchie, negli oratori, nelle carceri, con i poveri. Lo sottolinea Papa Francesco nel discorso preparato, che è stato consegnato, rivolgendone poi uno a braccio alle Ausiliarie Diocesane di Milano e alle Collaboratrici Apostoliche Diocesane di Padova e Treviso, ricevute in udienza. Il Papa saluta anche i vescovi e i sacerdoti che le hanno accompagnate, in particolare l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini per le parole con cui ha introdotto l’incontro. Nel testo che ha consegnato il Papa sottolinea quindi l’aspetto centrale della loro identità: una significativa forma di presenza di donne nella Chiesa.

Questo aspetto della fedeltà non a un popolo generico, ma a questo popolo, con la sua storia, le sue ricchezze e le sue povertà è un tratto essenziale della missione di Gesù Cristo, inviato dal Padre alle «pecore perdute della casa d’Israele» (Mt 15,24). E il suo dare la vita per tutti passa necessariamente attraverso il darla per quelle persone concrete, per quella comunità, per quegli amici, e per quei nemici. Questa fedeltà costa, ha la durezza della croce, ma è feconda, generativa, secondo i disegni di Dio.

Il Papa vuole evidenziare un punto qualificante della loro missione, cioè l’esperienza di collaborare direttamente con i pastori nel servizio alla gente, e lo fa richiamandosi proprio al Concilio, al decreto sull’Apostolato dei Laici, Apostolicam actuositatem, che quando parla in particolare dell’Azione Cattolica dice che questi laici agiscono “sotto la superiore direzione della gerarchia medesima”, che può sancire tale cooperazione anche per mezzo di un mandato esplicito.

Discernimento del vescovo e collaborazione

Francesco sa, poi, che in chi vive questo “lavoro”, a volte duro e faticoso, lo Spirito Santo semina doni speciali di dedizione, che possono anche diventare consacrazione nella Chiesa. Centrale è che il vescovo e i sacerdoti incaricati da lui, facciano discernimento, “come è successo a voi”, rileva, “nelle diverse realtà diocesane: Milano, Treviso, Padova e Vicenza”:

Si notano alcune costanti tra le diverse esperienze, e quella essenziale è che il Vescovo si fa attento a un dono che si riscontra nella comunità, un dono che corrisponde a un’esigenza pastorale – ma non solo a una funzione, non è un funzionalismo –, e allora opera un discernimento. Così il carisma viene vagliato, accolto e riconosciuto, e riceve una sua forma in quella comunità diocesana. Dunque, emerge come qualificante l’elemento della collaborazione stretta con il Vescovo.

Ci sono anche altre forme di cooperazione delle donne nella Chiesa, sottolinea ancora, mettendo in luce come la loro abbia questa specificità.

Essere diocesane ha il senso del radicamento non della chiusura

Apprezza, poi, che nel presentare il loro carisma si faccia riferimento all’Evangelii gaudium quando si mette in rilievo che Gesù “ci prende in mezzo al popolo e ci invia al popolo”. “Per voi, questo popolo ha il volto concreto della vostra diocesi”, rimarca Papa Francesco, e infatti i nomi di tutti gli Istituti “qui rappresentati”, le qualificano come “diocesane”: “una delimitazione” che ha il senso del radicamento, della fedeltà e della dedizione, non della chiusura, del particolarismo o dell’esclusione.

Donne della Risurrezione

Nel discorso Francesco si sofferma anche sulla storia delle Ausiliarie Diocesane, che “a Milano inizia nel periodo dell’episcopato di San Giovanni Battista Montini”. Non sono nate “a tavolino” ma dall’esperienza di “apostolato associato”, specialmente nell’Azione Cattolica: quell’apostolato di cui parla il Decreto conciliare sull’azione dei fedeli laici.

Non per “un femminismo ante litteram” Gesù accoglieva “alcune donne” fra i suoi discepoli, spiega Papa Francesco, ma perché il Padre gli faceva incontrare queste sorelle, bisognose di essere guarite come gli uomini. Tra loro Maria di Magdala, con un particolare carisma di fede e di amore per il Signore che al mattino di Pasqua si mostrò per prima a lei, “apostola degli apostoli”, incaricandola di portare l’annuncio ai fratelli. Ma anche altre donne hanno avuto una presenza determinante nei racconti della Risurrezione, nota il Papa, evidenziando come sia giusto e bello il nome attribuito loro proprio dall’arcivescovo Montini di “donne della Risurrezione”.

Redazione: