Secondo le agenzie delle Nazioni Unite sono oltre 2,5 milioni le persone colpite in Kenya, Sud Sudan, Sudan, Somalia, Etiopia. Sarebbero inoltre più di 200 i morti, centinaia di migliaia gli sfollati, ingenti i danni a infrastrutture, abitazioni, scuole, strutture sanitarie, terreni agricoli, bestiame e altre fonti di sostentamento. Molto preoccupanti le condizioni igienico-sanitarie con un alto rischio di epidemie. In tutta la regione, il peggioramento delle condizioni climatiche ha aggravato le già pesanti conseguenze di siccità, violenza e conflitti ricorrenti. In particolare in Sud Sudan e Somalia, la popolazione vive da decenni in condizioni di estrema povertà, martoriata da anni di conflitti e fragilità dello Stato. La rete Caritas operante nei diversi Paesi colpiti da queste alluvioni si è mobilitata per la risposta ai bisogni più urgenti in coordinamento con altre organizzazioni sul terreno e le autorità locali. In particolare è in atto la distribuzione di acqua pulita, cibo, kit igienici, ripari di urgenza, teloni impermeabili, zanzariere, servizi igienici temporanei, forniture mediche. “Mentre la Conferenza sul clima (Cop25) di Madrid si è conclusa con un fallimento degli Stati nel prendere impegni concreti e vincolanti nel contrasto al cambiamento climatico – osserva oggi Caritas italiana in una nota -, questa ennesima emergenza mette in luce la profonda iniquità socio-ambientale che si manifesta violentemente nel connubio tra povertà, fragilità politica, conflitti e catastrofi ambientali, le cui vittime sono soprattutto le popolazioni più povere e vulnerabili. È urgente un cambio di rotta radicale con politiche volte realmente alla lotta alle disuguaglianze globali, lo sviluppo sostenibile, la pace, la riduzione del cambiamento climatico”. Caritas italiana è in costante contatto con le Caritas dei Paesi colpiti con le quali collabora da anni. Un primo stanziamento è stato inviato per aiuti in Somalia ed è pronta ad ulteriori contributi in base alle necessità e alle offerte che si riceveranno.