Lo scrive Enzo Bianchi, fondatore della comunità monastica di Bose, sul numero di gennaio del mensile “Vita Pastorale”.
Nelle sue parole una denuncia dell’incapacità dei cattolici di “stare nella polis, un’afonia dovuta a un’astenia della loro fede, ma anche a un allontanamento, ormai consumatosi, dall’impegno politico cristianamente ispirato”. Soffermandosi sulle “modalità di partecipazione”, Enzo Bianchi argomenta la proria tesi, “quella di dare vita nelle nostre chiese locali, diocesane o regionali, a uno spazio al quale tutti i cattolici possano essere convocati e quindi partecipare”. “Non un’assemblea dei soliti scelti o eletti in base all’appartenenza ad associazioni o istituti pastorali – spiega -, ma un’assemblea realmente aperta a tutti, che sappia convocare uomini e donne muniti solo della vita di fede, della comunione ecclesiale, della consapevole collocazione nella compagnia degli uomini”. Quello indicato, a suo avviso, sarebbe “un confronto in cui si esaminano i problemi che si affacciano nella vita del Paese e si cerca di discernere insieme le ispirazioni provenienti dal primato del Vangelo”. Secondo il fondatore della Comunità di Bose, “da questo ascolto e confronto reciproco possono emergere convergenze pre-politiche, pre-economiche, pre-giuridiche che confermano l’unità della fede ma lasciano la libertà della loro realizzazione plurale assieme ad altri soggetti politici nella società”. L’idea è quella di “un forum, uno spazio pubblico reale in cui pastori e popolo di Dio, in una vera sinodalità, ascoltino ciò che lo Spirito dice alle Chiese e facciano discernimento per trarre indicazioni e vie di testimonianza, di edificazione della polis e della convivenza buona nella giustizia e nella pace”. Un luogo in cui “si possono delineare le istanze evangeliche irrinunciabili, che poi i singoli cattolici con competenza e responsabilità tradurranno in impegni concreti”.