E non saranno delle minacce a fermarmi”. Così dichiara ad Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) Tabassum Yousaf, avvocato dell’Alta Corte del Sindh, la provincia pachistana che ha come capoluogo Karachi. La giovane avvocatessa cattolica pachistana, 38 anni e madre di due figli, difende i genitori di Huma Younus, 14enne cristiana rapita e costretta a convertirsi all’Islam e a sposare il proprio aguzzino. Recentemente, il sequestratore di Huma, Abdul Jabbar, ha minacciato i genitori della ragazza e l’avvocato di accusarli di blasfemia. “Non è raro che ciò avvenga – spiega Yousaf, che ha già seguito molti altri casi di conversioni e matrimoni forzati -. Gli aggressori musulmani spesso minacciano genitori e avvocati, servendosi della legge anti-blasfemia. Dicono: ‘Se non smettete di cercare vostra figlia, strappiamo delle pagine del Corano, le mettiamo davanti casa vostra e diciamo che avete profanato il libro sacro’”. Difficile ottenere giustizia in Pakistan, se si appartiene ad una minoranza religiosa. “Molti cristiani non sanno di avere dei diritti al pari dei musulmani. La povertà e la mancanza di educazione dei nostri fratelli nella fede permettono ai fondamentalisti islamici di abusare dei loro poteri sociali, politici, economici e religiosi per perseguitare i cristiani. E la magistratura subisce una forte pressione da parte dei partiti politici, i quali non assicurano alle minoranze il giusto sostegno a livello giuridico”. “Ecco perché è fondamentale – continua – che Aiuto alla Chiesa che soffre si faccia carico delle spese legali. Questo ci consentirà di avvalerci del sostegno di un avvocato musulmano di grande esperienza con il quale, se necessario, porteremo il caso dinanzi alla Corte Suprema”. La giovane avvocatessa difende pro bono numerosi cristiani e lavora a stretto contatto con l’arcidiocesi di Karachi guidata dal card. Joseph Coutts e con la Commissione Giustizia e Pace diocesana. Inoltre, collabora frequentemente con Acs per tenere alta l’attenzione mediatica internazionale sulle gravi difficoltà vissute dai cristiani in Pakistan. “La liberazione di Asia Bibi è stata una vittoria, ma le condizioni dei cristiani in Pakistan non sono cambiate. Per questo non dobbiamo spegnere i riflettori su casi come quello di Huma. Soltanto così riusciremo a far intervenire le alte cariche politiche locali. E se vinceremo e riporteremo Huma a casa, una simile sentenza aiuterà molto anche le tante altre ragazze cristiane rapite e convertite con la forza all’Islam. Ma per farlo c’è bisogno della pressione internazionale, perché, nonostante i nostri sforzi per attirare l’attenzione sul caso, in Pakistan tutto è fermo”.