Il Vescovo Carlo e i concelebranti don Patrizio Spina, Vicario Generale della nostra diocesi e parroco della Cattedrale, e don Romualdo, parroco emerito della Cattedrale, hanno fatto il loro ingresso in chiesa mentre il coro ha eseguito il canto Adeste fideles. Giunti davanti all’altare, il Maestro Massimo Malavolta ha intonato il canto della Kalenda, il cui testo è antichissimo e mette in relazione il Mistero dell’Incarnazione con date ed eventi significativi sia per la storia sacra che per quella profana. Terminato il canto, il Vescovo ha “svelato” il bambinello che è stato adorato e incensato.
Nella sua omelia il Vescovo Carlo si è concentrato sullo spazio che riserviamo a Dio nella nostra vita, osservando con rammarico che esso è davvero molto ridotto e a volte insignificante.
Le parole di Mons. Bresciani: « Il Vangelo ci ha appena ricordato che per Gesù che stava per nascere non c’era posto in un alloggio minimamente degno di un essere umano che sta per nascere e di una donna che deve partorire. Oso sperare che più che cattiveria fosse semplicemente, ma gravemente, la distrazione di gente preoccupata dei loro affari e poco attenta ai bisogni altrui. Certo, se avessero saputo chi era colui che stava per nascere forse avrebbero agito diversamente.
Ma ciò che ci induce a riflettere è che di fatto non c’era posto per Gesù e per Maria, eppure si trattava di gente che aspettava il Messia, ma non si aspettava che venisse in quel modo. Si trattava di gente che si credeva depositaria delle antiche promesse dei profeti, che si credeva il popolo eletto di Dio, ma non aveva posto per quel Dio che veniva a compiere le antiche promesse di cui si sentiva depositario.
Nel mondo manca il posto per Dio. Si tratta di una storia che si ripete e che questa sera noi qui ricordiamo. Anche oggi nel mondo, che si vuole e si proclama ostentatamente laico (che cosa poi significhi realmente questo, confesso di non averlo ancora capito bene), non c’è posto per Dio. È finanche sconveniente pronunciarne il nome fuori da questa chiesa. Per lui non c’è posto dal punto di vista fisico, non c’è posto dal punto di vista culturale, meno che meno nella vita delle persone e, se c’è un posto, è quello residuale, cioè dopo che abbiamo sbrigato tutte le altre cose: sport, divertimento, televisione, lavoro, shopping… Se c’è un posto per lui è nell’ultimo angolino, ma solo se rimane un angolino. Resta un angolino che, sia pur nella diversità, è molto simile alla stalla in cui Gesù è nato, fuori dal villaggio, fuori dalla vita che erroneamente si ritiene la vera vita. Per molti c’è posto per le luci e gli addobbi che vorrebbero far festa a lui, ma non c’è posto per lui che nasce per noi. Mi domando: dove è il posto di Gesù in tutto questo?
Siamo qui in molti questa sera ad accoglierlo e certamente Gesù non può che esserne contento: ci aspettava. Anche noi siamo un po’ come i pastori, di cui ci ha parlato il Vangelo. Anche noi abbiamo vegliato nella notte per venire alla grotta ad adorarlo e siamo contenti di averlo fatto insieme. Questa notte abbiamo salvato un posto per lui, un posto nella notte purtroppo sempre più dedicata ad altro, con la conseguenza che non solo in essa c’è posto per tutto ma non per Dio, notte che porta spesso anche ad eccessi, dolori e lutti di cui parliamo poi il mattino successivo con farisaico stupore. Dopo notti così, non c’è posto per lui neppure la domenica.
Davanti a questa grotta non possiamo non porci la domanda: quale è il posto che riservo a Dio nella mia vita? Non mi domando cosa fanno gli altri, ma cosa faccio io nella mia vita. È vero, le giornate sono sempre piene di tante attività, le cose da fare sono sempre tante e spesso sono fonte di preoccupazione e di ansietà. Ma è anche vero che a volte siamo così simili a coloro che, presi dalle loro attività e dai loro divertimenti, hanno detto che non c’era posto per Gesù nell’alloggio.
Ma se lui nasce per noi, quale posto vogliamo riservargli? Non si tratta tanto di ostentare pubblicamente qualche segno, come sono le luminarie per le strade o nelle nostre case (luminarie che sono pur belle e piacevoli da vedere), ma di chiederci onestamente davanti a lui, davanti al presepio che lodevolmente abbiamo preparato nelle nostre case: che posto vogliamo lasciare a lui e ai suoi insegnamenti nella nostra vita e in quella delle nostre famiglie?
Da quella grotta egli bussa delicatamente alla porta dei nostri cuori, non tanto per destare un pur comprensibile moto di emozione e di tenerezza che questa sera tutti ci avvolge, quanto per destarci dal sonno di una fede che rischia di essere relegata a momenti emotivi, a ricordi infantili o a nostalgie confinate in residuali angoli appartati incapaci di dare vita al suo nascere per noi oggi.
Carissimi, stiamo vivendo insieme un momento stupendo di contemplazione e di adorazione del mistero di Dio che dice a noi e al mondo la sua Parola -Gesù- con la quale vuole destarci dal sonno della ragione che non sa più riconoscere colui che l’ha creata e donata all’uomo, dal sonno della fede che porta a cercare vita in ciò che è solo dissipazione o illusione.
Mettiamoci insieme spiritualmente in ginocchio davanti al mistero di Dio che si rende presente nella nostra vita e nella nostra Chiesa; adoriamolo con umiltà riconoscendo la nostra pochezza davanti alla sua grandezza; deponiamo davanti a lui ogni orgoglio di poter fare da soli senza il suo aiuto; riconosciamo che un posto, e non l’ultimo, dobbiamo lasciargli nella nostra giornata e nella nostra vita. Se così faremo, Gesù non sarà nato solo nella grotta di Betlemme, ma nella casa del nostro cuore. Ed è questo che più importa a lui ed è più importante per noi.
Auguri a tutti, carissimi fedeli, a voi, alle vostre famiglie e a tutti i vostri cari. Un augurio a tutta la nostra Chiesa diocesana e un augurio del tutto speciale questa sera voglio mandare al nostro santo padre, papa Francesco, che tante energie sta spendendo, affinché Gesù trovi posto nel nostro distratto mondo tanto preoccupato dello sviluppo materiale da dimenticare che non c’è vero sviluppo se non nella promozione di ogni vita umana, soprattutto di quella che è costretta a nascere e vivere nella povertà delle tante grotte moderne del mondo».
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