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Le Borse festeggiano, ma l’economia è un’altra cosa

Paolo Zucca

Borse al rialzo vuol dire buon andamento dell’economia? Sì e no. A chiusura di un 2019 generalmente positivo per i mercati finanziari (che sono cosa ben più vasta della sola compravendita di azioni, comprendono valute, obbligazioni e tanto altro) verrebbe da dire che l’ottimismo regna perfino nell’Italia dall’economia asfittica.
Chi avesse investito 100 euro a inizio anno, ad esempio sui principali indici di Wall Street attraverso prodotti facilmente reperibili in Italia, se ne ritroverebbe, (vendendo in questi giorni) circa 130. Chi avesse affidato i propri soldi di lavoratore o professionista ai fondi pensione, anche in Italia, si ritroverebbe quote rivalutate, così come investitori istituzionali come le Fondazioni possono trarre da annate positive maggiori risorse da distribuire per le finalità sociali o di territorio che perseguono. Quindi

con Borse in grande rialzo la festa non è solo per amanti dell’azzardo, la platea è più vasta e variegata anche se la gran parte delle famiglie resta fuori, quando va bene e quando va male.

Non va dimenticato che i rischi dei mercati finanziari ci sono e lo scorso anno fu una delusione generale con perdite pesanti. Per questo gli andamenti delle Borse dovrebbero essere osservati sul triennio.
O forse gli indici di Borsa andrebbero letti avvicinandoli ad altri indici, anche quelli da leggere in più anni, sull’andamento dell’occupazione, la fiducia di consumatori e imprese, la produzione e magari anche la natalità, il vivere civile e solidale e certo la tutela dell’ambiente. Sono quelli che impattano maggiormente sul progresso collettivo e possono mitigare lo squilibrio fra agiati e informati, capaci di muovere il denaro, e poveri privi di risorse e alle prese con la sopravvivenza.
Solo in parte i record di Wall Street e delle piazze europee, sono frutto di imprese in buono stato di salute. Cioè quelle che aumentano la produzione, assumono, fanno più utili, distribuiscono più dividendi e per questo le loro azioni vengono comprate da tanti risparmiatori. Quest’anno solo un quinto delle aziende Usa è rimasto sotto le stime di utili (che erano state tenute prudenzialmente basse) e lo scavalcamento dell’asticella lascia intendere che altre previsioni potranno essere superate nei prossimi anni. È il meccanismo fin troppo ottimistico degli “utili attesi”. Spiccano in questo senso le varie Google, Facebook. Amazon, cioè le nuove multinazionali.
Al boom di Borsa ha contribuito la svolta della Fed (Federal Reserve, la banca centrale americana) che non ha alzato i tassi di interesse adeguandosi alle scelte della sorella Bce (Banca centrale europea).
Se gli interessi corrisposti a chi deposita denaro sono molto bassi, i conti correnti e le obbligazioni (ad esempio i nostri titoli di Stato) renderanno poco e quindi verrà naturale cercare qualche ritorno in più. Ad esempio con le azioni, più rischiose. C’è anche un effetto Trump: il presidente Usa gioca molto con il fuoco dei dazi punitivi con minacce e provvedimenti e successive aperture, Wall Street sembra stare a quel gioco e saluta le aperture di dialogo con grandi rialzi. È un anno elettorale, a novembre gli americani voteranno e forse il presidente pensa di assicurarsi la conferma a suon di record di listino: da sempre Wall Street gioca per sé stessa, non amava Trump, probabilmente preferiva i Bush a Obama. Cresceva anche con presidenti poi bocciati. Per fortuna, non è lo stato di salute di una Borsa a decidere le sorti elettorali di un Paese.

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