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VIDEO A tu per tu con il centenario Alfredo Pulcini, una storia che ha costruito un pezzo del nostro Paese

Alfredo Pulcini 100 anni

DIOCESI – Il 2019 sta volgendo al termine, un anno pieno di notizie che ha visto susseguirsi numerosi eventi e momenti di festa per la nostra comunità. Tra queste vi è senza alcun dubbio, la festa per i 100 anni di Alfredo Pulcini, un caro amico, un esempio per me, un uomo che nella sua lunga vita ha avuto la forza e la tenacia di non scoraggiarsi mai. Alfredo ha vissuto pienamente la sua esistenza sin da giovane, costretto a combattere una guerra drammatica, visse sulla sua pelle la prigionia, prima in Africa dopo il bombardamento del cacciatorpediniere “Nembo” e in seguito in Germania nei campi nazisti. Ammiro di lui la sua voglia di reagire a tutti i momenti che hanno segnato il suo lungo percorso. La vita riserba ad ognuno di noi colpi di scena, eventi memorabili, momenti difficili, grandi soddisfazioni e dolorosi fallimenti. La paura è insita in ognuno di noi, sta a noi assimilarla e farne un punto di partenza, per ricominciare, ogni singola volta con coraggio. Alfredo mi ha insegnato questo, noi abbiamo un’esistenza da vivere e da costruire, nulla capita per caso, siamo noi i protagonisti della nostra storia, non possiamo subire il corso degli eventi. Il nostro obiettivo è quello di custodire tali esperienze per farne tesoro per l’avvenire, affinché possano essere generatrici di speranza.

Alfredo rappresenta una delle tante storie che hanno costruito un pezzo della nostro Paese. Ho avuto il piacere di intervistarlo:

Lunedì 21 ottobre hai festeggiato il tuo compleanno, quanti anni hai compiuto?
Ho compiuto cento anni! Recentemente mi sono operato e ho tolto pure i calcoli, nonostante i miei anni ho ancora la lucidità mentale di un ventenne e mi ricordo bene sia gli eventi del passato sia il presente.

Per stare così bene cosa mangi di solito e qual’è il tuo segreto?
Di solito mangio di tutto, ma devo anche dire che non c’è ne una ricetta ne un segreto in particolare. Il mio stare bene dipende anche dalla compagnia, non sono mai solo. Infatti ho tre figlie, molti nipoti e pronipoti che sono la mia gioia più grande. Inoltre la casa in cui ci troviamo ora, l’ho “fabbricata” io, ha tre appartamenti di 160 metri quadri per accogliere la mia numerosa famiglia.

Ma è vero che vai ancora con il trattore?
Io vado con ogni mezzo. Ma devo dire che il trattore l’ho guidato per ben 73 anni, dopodiché mi hanno tolto le chiavi, mentre la macchina l’ho guidata fino a qualche tempo fa. Nonostante i divieti delle mie figlie, ho guidato di nascosto il trattore azionandolo senza chiavi, facendo contatto con i fili e questo mi rendeva molto contento. Meglio di questo io non potevo avere dalla vita. Nel posto in cui mi trovo sto bene.

Per oltre 70 anni hai vissuto con Antonella, tua moglie, la tua compagna di vita, il tuo grande amore. Ti andrebbe di parlare di lei?
Ho conosciuto il mio amore Antonella quando avevo diciassette anni. Ci siamo conosciuti nel 1937, prima che partissi per fare il soldato in guerra in Africa, in Germania e sull’alta Italia. In quei momenti di prigionia la vita era veramente disgraziata. La incontrai per la prima volta il 25 giugno del ’37, mentre sbiancava i panni con la sorella. Io stavo lavorando, preparavo l’aia  in vista della trebbiatura e la vidi passare mentre si dirigeva con la sorella verso il fosso dove sarebbe andata a lavare la biancheria. All’epoca non c’erano gli impianti adeguati e tutti i contadini andavano al fiume a lavare. Antonia passò e salutò mia madre. All’epoca ci conoscevamo un pò tutti, si andava alla S. Messa nella chiesetta di S.Francesco da Paola. La vidi e capì subito che era una “fuori classe”. Da quel momento non l’ho lasciata più andare. Con la guerra di mezzo non avevo la certezza di rivederla. Solo quando Berlino fu rasa al suolo dagli anglo-americani e ci fu la resa nazista, ebbi la speranza di rivederla e così fu. L’amore è un sentimento forte, indissolubile che va oltre la morte. Nonostante gli anni trascorsi ho continuato a volerle bene fino all’ultimo momento, come il primo giorno. Prima di andare a dormire ci davamo il bacio della buonanotte.

Parlando della tua storia d’amore, hai fatto cenno al conflitto bellico che hai vissuto direttamente. La tua testimonianza è eloquente e drammaticamente vera. Cosa pensi della guerra?
La guerra non serve a niente, rende solo pazza la gente. Quando partì per la guerra andai in Libia in Egitto, passai per Tripoli. Durante la guerra non si capiva nulla. La guerra semina morte e distruzione; durante la guerra pregavo la Madonna delle Grazie. Mi ricordo che dall’Algeria noi cercavamo di fuggire per la Francia e viaggiavamo nelle peggiori condizioni, alla fine mi ritrovai in Germania dove ho potuto imparare un po’ di inglese grazie anche alla presenza di inglesi in quei posti. Gli americani intanto con i loro aerei bombardavano tutti i posti e facevano stragi di tedeschi. Dio ci liberi dalla guerra per sempre!

Tu che sei stato in Libia, cosa ne pensi della situazione dei migranti che dall’Africa giungono nelle nostre coste?
Purtroppo non conosco bene la situazione. Nella mia vita ho incontrato tutte le diverse tipologie di nazionalità e purtroppo queste persone continueranno a scappare a causa delle conseguenze negative delle guerre, spesso rifletto sempre sulla mia vita e mi rivedo molto in loro. Per me tutte le persone sono uguali e, nonostante la guerra ho avuto la fortuna di avere una famiglia con tre figlie, otto nipoti. Il giorno del mio compleanno sono venuti tutti quanti i parenti a salutarmi. È stata una grande gioia, per molte persone non è scontata questa situazione. Ognuno deve avere gli stessi diritti.

Dopo questa lunga esperienza di vita cosa ti senti di dire ai giovani?
Oggi la situazione è difficile e mi rendo conto che il matrimonio è più complicato. Io ho lavorato ovunque, ho avuto una donna che mi ha sempre accompagnato e sostenuto. Ora non posso più usare il trattore ma continuo a lavorare l’orto e nonostante l’età mi do ancora da fare anche se non ho più la forza di una volta. Molta mia felicità la devo a mia moglie Antonella e quando la vidi per la prima volta me ne innamorai subito e feci di tutto per conquistarla. Ad oggi Antonella mi manca, soprattutto quando arriva la sera ripenso sempre a lei. Ai giovani dico di non mollare, di creare una famiglia e non perdere mai la speranza. I sacrifici sono scomodi ma sono necessari per crescere.

Tu che hai vissuto la guerra, hai mai avuto paura della morte?
Si senz’altro quando stavo in Africa e c’erano le sentinelle che sparavano a vista, ma sono sempre stato prudente. Ma la paura non ci può governare, bisogna reagire sempre. Oggi ricordo tutto e devo dire che ho una memoria che è tipo una “macchinetta elettrica” e godo di buona salute. Ho avuto tanto dalla vita e chi semina bene raccoglie buoni frutti.

Sul lavoro ti senti preoccupato per i giovani di oggi?
I giovani di oggi hanno una visione diversa della vita, questo lo vedo anche dalle relazioni di oggi. Ci si lascia molto facilmente. Purtroppo nella nostra zona non c’è molto lavoro e molti sono costretti a lavorare fuori, ma non è colpa loro. È tutta la situazione che è complicata anche per chi è dirigente la situazione è difficile. Il lavoro è cambiato e c’è bisogno di rinnovamento, molti lavoro stanno scomparendo, ma posso dire che le difficoltà si possono superare. Occorre anche dire anche che gli anziani sono una risorsa per questo Paese e occorre ascoltarli perché l’esperienza che tramandano costituisce un tesoro per tutti!

Marco Sprecacè: