Sergio Perugini

Ogni anno rappresentano l’anticamera degli Oscar. Sono i premi Golden Globe, assegnati dalla Hollywood Foreign Press Association tanto al cinema quanto al mondo della televisione. Nella cerimonia dell’edizione 77 a Los Angeles, condotta nella notte tra 5 e 6 gennaio dal comico inglese dal “black humor” Ricky Gervais, si sono registrate molte conferme ma anche non poche sorprese, soprattutto per il mondo del cinema. Si è imposto infatti in maniera netta, come miglior film e per la miglior regia, il dramma bellico “1917” del britannico Sam Mendes, racconto della Prima guerra mondiale nelle sale italiane a fine gennaio 2020.
Mendes ha sbaragliato i super favoriti targati Netflix come “Storia di un matrimonio” di Noah Baumbach (6 candidature e 1 premio vinto dalla sempre brava Laura Dern, miglior attrice non protagonista), “The Irishman” di Martin Scorsese (5 candidature) e “I due papi” (4 candidature). La sconfitta più bruciante, però, sembra essere quella di Scorsese, che non ottiene nessun premio, né per sé né per i suoi attori Al Pacino e Joe Pesci, senza considerare poi l’amarezza per l’esclusione dalle candidature di Robert De Niro.

Phoenix e Zellweger sempre più vicini all’Oscar. Come da previsioni i migliori attori sono i veterani Joaquin Phoenix e Renée Zellweger. Il primo ottiene il Golden Globe per la sua straordinaria e disturbante performance in “Joker” di Todd Phillips, film vincitore del Leone d’oro alla 76ª Mostra del Cinema della Biennale di Venezia; l’opera è dedicata alle origini del villain dell’universo Batman, appunto Joker, raccontato senza spettacolarizzazione ma con taglio di denuncia sociale, duro e introspettivo. Intascando ora il Golden Globe, Phoenix accorcia la distanza con l’Oscar, più volte inseguito (“Il gladiatore”, 2001; “Walk the Line”, 2006; “The Master”, 2013) ma mai stretto tra le sue mani. Quest’anno (non facciamo scherzi!) non sembrano esserci rivali altrettanto forti.
Un Oscar Renée Zellweger lo ha già vinto come attrice non protagonista per “Ritorno a Cold Mountain” nel 2003, ma come miglior attrice mai. Con molta probabilità questa potrebbe essere la volta buona per la sua brillante e intensa performance in “Judy”, biopic dedicato agli ultimi anni di carriera e vita della diva americana Judy Garland. Il Golden Globe appena vinto di fatto è più che un buon augurio, premio che permette intanto alla Zellweger di riprendersi la scena hollywoodiana dopo anni sottotono, ingiustamente snobbata dagli Studios.

Tarantino trionfa e rilancia Brad Pitt. Uno dei grandi vincitori ai Golden Globe è senza dubbio Quentin Tarantino. Con il suo “C’era una volta a… Hollywood”, racconto del mondo del cinema sul crinale del cambiamento tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, si è aggiudicato il premio per il miglior film nella categoria commedia, per la sceneggiatura nonché per l’attore non protagonista Brad Pitt. E proprio Pitt, co-star del film con Leonardo DiCaprio, riguadagna anche lui la scena hollywoodiana come la Zellweger dopo un periodo faticoso, segnato dalla fine del matrimonio con Angelina Jolie e da un periodo di rehab.
Migliori attori per la commedia sono Awkwafina per il film indipendente “The Farewell”, rivelazione della stagione in buona posizione per gli Oscar, e Taron Egerton per il camaleontico ruolo di Elton John nel biopic “Rocketman”. Quest’ultimo film ha vinto anche la miglior canzone “(I’m Gonna) Love Me Again”, mentre la miglior colonna sonora è quella del film “Joker”, composta da Hildur Guðnadóttir.

Film straniero “Parasite” e Tom Hanks omaggia la Wertmüller. Ha colpito subito la giuria internazionale del 72° Festival di Cannes il film sudcoreano “Parasite” di Bong Joon-ho, incoronato con la Palma d’oro. Ora “Parasite” si è aggiudicato anche il Golden Globe per il film straniero e sembra abbastanza spianata la via verso gli Academy Awards, con più chances di “Dolor y Gloria” di Pedro Almodóvar.
Se si percepiva l’assenza dell’Italia tra i candidati ai Globe per il miglior film straniero (niente da fare per “Il traditore” di Marco Bellocchio), il nostro Paese e il suo cinema sono stati ricordati da Tom Hanks, che ricevendo il Cecil B. DeMille Award alla carriera ha citato Lina Wertmüller, il suo modo di fare cinema di inquadratura dopo inquadratura.
Regala soprese poi la categoria film d’animazione, dove si impone “Missing Link”, non uscito ancora in Italia; il film ha sbaragliato la Disney, in corsa con gli agguerriti “Frozen 2”, “Toy Story 4” e “Il Re Leone”.

I Globe per miniserie e serie Tv. Non solo cinema. I Golden Globe, infatti, premiano anche le migliori serie, miniserie e film Tv. A salire sul podio, in ex aequo con due statuette, troviamo la miniserie “Chernobyl” (HBO) così come le serie Tv “Succession” (HBO) e “Fleabag” (Prime Video).
“Chernobyl”, dramma storico sul disastro nella centrale nucleare sovietica nel 1986, ottiene meritatamente il riconoscimento per la miglior miniserie e per l’attore non protagonista Stellan Skarsgård, forte di tre Emmy Award pesanti nel 2019 (miniserie, regia e sceneggiatura). Sempre nella categoria miniserie, vengono premiati Russell Crowe, nel controverso ruolo di Roger Ailes fondatore di Fox News raccontato in “The Loudest Voice” (Showtime), e Michelle Williams, protagonista del biopic “Fosse/Verdon”, sul legame tra il coreografo Bob Fosse e la ballerina-musa Gwen Verdon; la Williams aveva già ottenuto l’Emmy per il ruolo.Miglior serie drammatica è “Succession” (HBO), che ottiene anche il premio per l’attore Brian Cox, nel ruolo del magnate Logan Roy. Miglior interprete drammatica è l’attrice britannica Olivia Colman, nel magistrale ruolo della regina Elisabetta II in “The Crown 3” (Netflix).
Per la categoria commedia vince un’altra inglese, Phoebe Waller-Bridge, brillante interprete nonché autrice di “Fleabag” (Prime Video). Attrice non protagonista è Patricia Arquette per “The Act” (Hulu).

Politica, ambiente e ruolo della donna ai Globe. La Arquette è una delle poche dive a cimentarsi in un discorso politico, di aperta denuncia. Ricevendo il suo premio, ha infatti sottolineato il rischio per una nuova guerra alle porte, con una chiara critica all’atteggiamento del presidente degli Stati Uniti, che rischia di trascinare nuovi giovani al fronte e di mettere a repentaglio civili nonché siti culturali.

Non solo politica Usa. La crisi ambientale in Australia e nel resto del pianeta finisce al centro dei discorsi ai Globe.

In particolare, per appartenenza, gli attori australiani Cate Blanchett e Russell Crowe; sempre attento all’emergenza climatica si è dimostrato anche Joaquin Phoenix, che ha speso parole sull’importanza di imprimere un processo di cambiamento nelle nostre vite, nelle nostre abitudini, in chiave sostenibile.
Infine, da Michelle Williams è giunta un’esortazione per le donne: arrivare a determinare il corso delle proprie vite, a dare un senso alle proprie scelte nel cinema e nella società.

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