“Particolarmente preoccupanti sono i segnali che giungono dall’intera regione, in seguito all’innalzarsi della tensione fra l’Iran e gli Stati Uniti e che rischiano anzitutto di mettere a dura prova il lento processo di ricostruzione dell’Iraq, nonché di creare le basi di un conflitto di più vasta scala che tutti vorremmo poter scongiurare”. Con queste parole il Papa, nel suo settimo discorso al Corpo diplomatico, ha affrontato la questione geopolitica al momento più urgente, rinnovando il suo appello di domenica scorsa all’Angelus “perché tutte le parti interessate evitino un innalzamento dello scontro e mantengano accesa la fiamma del dialogo e dell’autocontrollo, nel pieno rispetto della legalità internazionale”.
“Il nuovo anno non sembra essere costellato da segni incoraggianti, quanto piuttosto da un inasprirsi di tensioni e violenze”,la prima fotografia del discorso, tradizionale occasione di inizio d’anno per una panoramica geopolitica delle questioni più scottanti sullo scacchiere internazionale. Giovani, abusi, ambiente, dialogo, disarmo nucleare, migrazioni tra i temi del discorso – durato circa 50 minuti – che Francesco ha articolato a 360 gradi ripercorrendo idealmente le tappe dei viaggi internazionali che ha compiuto nel 2019. Oltre ai conflitti in Siria, Libia, Medio Oriente e America latina, molto spazio alle disamine sulla situazione in Europa e Africa. Alla fine, un augurio particolare al popolo italiano – sulla scorta del cinquecentenario della morte di Raffaello Sanzio – e alle donne, 25 anni dopo la Conferenza mondiale di Pechino. Il 14 maggio – ha annunciato Francesco – si svolgerà un evento mondiale sul tema: “Ricostruire il patto educativo globale”.
Abusi, giovani e ambiente. Il primo tema trattato dal Papa è quello degli abusi, con il rinnovo dell’impegno della Santa Sede “affinché si faccia luce” su di essi e si assicuri la protezione dei minori. Dobbiamo imparare dai giovani, dal modo in cui molti di essi “si stanno impegnando per sensibilizzare i leader politici sulla questione dei cambiamenti climatici”, l’omaggio del Papa. La “conversione ecologica” è avvertita dai giovani ma “non acquisita dalla politica internazionale, la cui risposta alle problematiche poste da questioni globali come quella dei cambiamenti climatici è ancora molto debole e fonte di forte preoccupazione”, come ha dimostrato la Cop 25 svoltasi a dicembre a Madrid. Temi, questi, di cui si è parlato durante il recente Sinodo per l’Amazzonia.
Dialogo, pace e migrazioni. “È particolarmente importante formare le generazioni future al dialogo interreligioso”, raccomanda Francesco sulla scorta del Documento sulla fratellanza di Abu Dhabi. Per Gerusalemme e il Medio Oriente, l’auspicio è che la comunità internazionale rinnovi il suo “impegno a sostegno del processo di pace israelo-palestinese”. Rompere la “coltre di silenzio che rischia di coprire la guerra che ha devastato la Siria nel corso di questo decennio”, l’altro appello del Santo Padre, insieme a quello a “trovare soluzioni durature” per il Mediterraneo, che rimane “un grande cimitero”.Tra le crisi umanitarie in atto, il Papa cita quella della Libia, “fertile terreno per la piaga dello sfruttamento e del traffico di essere umani, alimentato da persone senza scrupoli che sfruttano la povertà e la sofferenza di quanti fuggono da situazioni di conflitto o di povertà estrema”. Tra questi, “molti finiscono preda di vere e proprie mafie che li detengono in condizioni disumane e degradanti e ne fanno oggetto di torture, violenze sessuali, estorsioni”.
Europa. “Risolvere i conflitti congelati che persistono” in Europa. È l’imperativo per il nostro continente, che dalla fine della seconda guerra mondiale ha dimostrato che “il dialogo – e non le armi – è lo strumento essenziale per risolvere le contese”.
“L’Europa non perda il senso di solidarietà che per secoli l’ha contraddistinta, anche nei momenti più difficili della sua storia”, l’auspicio: “Non perda quello spirito che affonda le sue radici, tra l’altro, nella pietas romana e nella caritas cristiana, che ben descrivono l’animo dei popoli europei”
Due gli episodi dell’anno appena trascorso citati dal Papa: l’incendio della cattedrale di Notre Dame a Parigi, che ha ridestato “il tema dei valori storici e culturali dell’Europa e delle radici sulle quali essa si fonda”, e il trentesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, che “rimane emblematico di una cultura della divisione che allontana le persone le une dalle altre e apre la strada all’estremismo e alla violenza”, denuncia Francesco, stigmatizzando il “linguaggio d’odio diffusamente usato in internet e nei mezzi di comunicazione sociale”.
Africa, Giappone e Australia. “Segni di pace e di riconciliazione” in Mozambico, Madagascar e Mauritius, “episodi di violenza contro persone innocenti, tra cui tanti cristiani perseguitati e uccisi per la loro fedeltà al Vangelo”. È il ritratto, a tinte contrastanti, dell’Africa, occasione per invitare la comunità internazionale “a sostenere gli sforzi che questi Paesi compiono nella lotta per sconfiggere la piaga del terrorismo”. L’auspicio: poter visitare quest’anno il Sud Sudan. “Un mondo senza armi nucleari è possibile e necessario”, ribadisce Francesco sulla scorta del viaggio in Giappone. “Vicinanza e preghiera” anche al popolo australiano, colpito duramente dai roghi.
Auguri all’Italia e alle donne. “Il desiderio della pace, la ricerca della giustizia, il rispetto della dignità della persona, la cooperazione umanitaria e l’assistenza”: sono questi i “principi fondativi” delle Nazioni Unite, che rimangono ancora attuali nel 75° anniversario della costituzione dell’Onu. A 500 anni dalla morte di Raffaello Sanzio, Francesco fa gli auguri al popolo italiano e, nel 25° della IV Conferenza mondiale delle Nazioni Unite di Pechino, rivolge “un pensiero particolare a tutte le donne”.