di Jean-Dominique Durand

Lo scorso 24 novembre Papa Francesco ha parlato a Nagasaki della bomba atomica in termini particolarmente forti e chiari. Nel seguire le immagini delle trasmissioni televisive si poteva comprendere quanto fosse commosso dalla sua visita nella città martire, vittima con Hiroshima del primo bombardamento nucleare della storia umana. Il Papa ha denunciato “l’orrore indicibile” subito dalla popolazione, e ha negato assolutamente che il possesso dell’arma atomica possa assicurare la pace del mondo, una pace fondata sulla paura della reciproca distruzione.
Bergoglio ha inoltre rifiutato la teoria dell’equilibrio del terrore nata negli anni ‘50, nel contesto della guerra fredda:“La pace e la stabilità internazionale sono incompatibili con qualsiasi tentativo di costruire sulla paura della reciproca distruzione o su una minaccia di annientamento totale”, ha dichiarato. Al contrario ha affermato la volontà della Chiesa cattolica di promuovere un mondo senza armi nucleari, per la sicurezza collettiva. Ha espresso la sua preoccupazione per “il rischio di arrivare allo smantellamento dell’archittetura internazionale di controllo degli armamenti”.
Papa Francesco si colloca nella continuità del magistero pontificio sulla questione della pace e sul necessario disarmo. Pace e disarmo sono diventati centrali nella dottrina cattolica sulla guerra a partire da Leone XIII (1878-1903). L’ultimo Pontefice dell’Ottocento e dei primi anni del Novecento, aveva visto la moltiplicazione di armi sempre più moderne. In un discorso dell’11 febbraio 1889 aveva affermato: “La moltiplicazione minacciosa degli eserciti è volto ad eccitare più che a sopprimere le rivalità”. La Chiesa ha visto deflagrare la prima guerra mondiale, che Benedetto XV ha combattuto invano, denunciando ancora, dopo questa “inutile strage”, una pace fondata sulle “baionette”.Tutti i Papi successivi hanno moltiplicato gli appelli al disarmo, sempre più intensi, sempre più ansiosi di fronte a Stati rinchiusi nella loro logica di potenza.
Dopo l’uso della bomba atomica nel 1945 contro il Giappone, e la questione sempre più stringente di rischi di guerra Abc (atomica-biologica-chimica), i Papi hanno costantemente aggiornato la nozione di “guerra giusta”, presente nell’insegnamento della Chiesa da sant’Agostino in poi, adattandola ai nuovi contesti militari e internazionali. Pio XII nel 1954, Giovanni XXIII con l’enciclica Pacem in terris (1963), il Concilio Vaticano II con la Costituzione Gaudium et Spes hanno condannato in modo assoluto l’uso della bomba atomica perchéè per natura una reazione crudele e sproporzionata, colpisce inevitabilmente città intere e le popolazioni civili:è l’arma di distruzione di massa, che rende la guerra, diceva Giovanni XXIII, “umanamente impossibile”.
Paolo VI affermava che le spese legate alla corsa ad armamenti sempre più potenti e distruttivi impedissero un aiuto efficace alle popolazioni povere (Populorum progressio, 1967).
Il principio della dissuasione nucleare, il famoso “equilibrio del terrore”, era stato accettato perché l’Unione Sovietica possedeva la bomba atomica; ma per Giovanni Paolo II si trattava di “una tolleranza provvisoria”. Nel 1981, a Hiroshima, Karol Wojtyla si impegnò a “lavorare senza sosta per il disarmo e la condanna di tutte le armi atomiche”.
Benedetto XVI richiedeva “lo smantellamento definitivo” di tali armi.“La vera pace è una pace disarmata”, ha a sua volta affermato Francesco.La Santa Sede ha firmato tutti i trattati di non proliferazione o di proibizione delle armi nucleari nel 1971, 2001, 2017. Le questioni delle armi e del disarmo sono, lungo un secolo, un continuum della diplomazia pontificia. E la posizione della Chiesa rimane ferma e convintamente inalterati.

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