“Riaffermiamo che il popolo, con le sue diverse espressioni di vita sociale e culturale, è l’autentico soggetto protagonista del cambiamento richiesto in Venezuela”, e “gli ultimi avvenimenti e la minaccia all’Assemblea nazionale ci portano a riaffermare quello che già abbiamo espresso il 12 luglio 2019, e cioè che, di fronte alla realtà di un Governo illegittimo e fallito, il Venezuela reclama gridando un cambio di direzione”. È uno dei passaggi più forti della “Lettera fraterna ai fratelli venezuelani nella nazione e nella diaspora e a tutti i popoli e le Chiese sorelle dell’America e del mondo”, firmata dai vescovi della Conferenza episcopale venezuelana (Cev) a conclusione dell’Assemblea plenaria e letta, in qualità di portavoce, da mons. Luis Enrique Rojas, vescovo ausiliare di Mérida, mons. Cástor Oswaldo Azuaje, vescovo di Trujillo, e mons. Jesús Alfonso Guerrero, vescovo di Barinas.
“Denunciamo la situazione di crisi che colpisce la nostra nazione e che, ben lontana dall’essere superata, anzi si aggrava”, scrivono i vescovi, che affermano di rivolgersi “a tutte le Chiese sorelle d’America e del mondo, agli uomini e alle donne di buona volontà e a tutti i fratelli venezuelani che vivono e lottano nel Paese”.
Quella che vive il Venezuela, viene sottolineato, è “una crisi sociale, economica e politica, che si è trasformata in un’emergenza umanitaria moralmente inaccettabile”. I vescovi continuano nel loro compito, che è quello di stare “accanto al popolo”, e di condividere “le gioie, le speranze, le angustie e le difficoltà”. Di conseguenza, “vogliamo consolare gli afflitti, proteggere i deboli e appoggiare l’edificazione di una società giusta, libera e fraterna”. I pastori si dichiarano “servitori di tutti”, senza però rinunciare a fare “eco ai clamori di libertà, giustizia e sana convivenza che sgorgano dai cuori di noi che soffriamo in questa splendida terra di grazia”.
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