DIOCESI – Sabato 11 gennaio la comunità diocesana di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto Marche si è stretta attorno al suo pastore, il Vescovo Carlo Bresciani, in occasione del sesto anniversario della sua ordinazione episcopale. Il Vescovo Carlo ha presieduto la Santa Messa in Cattedrale alle ore 21.00 che è stata concelebrata dal suo predecessore Mons. Gervasio Gestori e da numerosi sacerdoti diocesani.
All’inizio della celebrazione, il Vescovo Carlo ha ricevuto parole di omaggio dal Vicario Generale don Patrizio Spina che, a nome di tutto il clero e dei fedeli, ha affermato: «Tutta la comunità diocesana formata dal popolo di Dio con i suoi presbiteri è qui convenuta per rendere grazie a Dio del suo servizio di Vescovo in mezzo a noi. Sono passati appena sei anni e la memoria di quei giorni è sempre viva. Cosa ha pensato quando le è stato chiesto di diventare Vescovo nella nostra diocesi e se ha manifestato come ad ogni chiamata del Signore un po’ di timore appartiene alla sua storia di uomo, di credente e di presbitero. Siamo qui perché è importante, sempre ed in ogni momento, fare memoria e ringraziare».
Durante la sua omelia, tenuta dalla Cattedra, il Vescovo Carlo ha abbondantemente riflettuto sul dono del ministero episcopale alla Chiesa: «Un cordialissimo saluto a tutti voi: fedeli, diaconi, sacerdoti e in modo particolare a S.E. Mons. Gervasio Gestori, vescovo emerito.
Siamo nella festa che fa memoria del Battesimo di Gesù al Giordano. Possiamo dire che è il momento in cui Gesù viene investito ufficialmente dal Padre attraverso lo Spirito santo della missione di annunciare il Vangelo del suo amore per l’umanità. È anche la missione di ogni cristiano. Non possiamo non ricordare il nostro battesimo, quella realtà sacramentale che tutti ci fa Chiesa, investiti della missione di portare l’amore di Dio al mondo. In questo momento ci fa Chiesa in preghiera, uniti dallo stesso amore per Gesù, in ringraziamento per il dono della Chiesa di cui siamo membra vive.
Grazie per il ricordo della mia ordinazione episcopale e per questo momento di preghiera comune. Mi dà consolazione e mi sento sostenuto dal sapere che in ogni santa messa pregate con me e per me, in comunione con me e con la Chiesa universale. Nel canone II, per esempio, in tutte le nostre chiese si prega: “Ricordati, Padre, della tua Chiesa diffusa su tutta la terra, rendila perfetta nell’amore in unione con il nostro papa Francesco, il nostro vescovo Carlo e tutto l’ordine sacerdotale”: qui si intendono non sono solo i preti, ma tutto il popolo dei battezzati. In modo speciale, preghiamo anche noi questa sera perché ci renda uniti nella Chiesa e perfetti nell’amore.
La preghiera, particolarmente la santa messa, è il primo atto di comunione nella Chiesa. Non si può, quindi, celebrare o partecipare come si deve alla santa messa se non in comunione con il papa e con il vescovo. Questa sera in modo particolare sento forte questa comunione con tutti voi, carissimi fedeli, uniti in questo cammino di fede che tutti ci accomuna. La sento forte con il nostro amato papa Francesco, troppo spesso maltrattato anche da coloro che pensano di essere i difensori della fede cattolica e dell’eucaristia. Noi celebriamo l’eucaristia in piena comunione con il nostro papa Francesco: può essere diversamente?
L’eucaristia che celebriamo è origine e fonte della comunione tra noi e nella Chiesa. Essa è sacramento dell’unità con Dio e tra di noi. Non mi sentirei di celebrare come si deve la santa messa se non sentissi questa comunione come mia e nello stesso donatami sempre di nuovo da Dio, ma anche sempre da impetrare e custodire per me e per voi, perché sempre minacciata dal Maligno, il grande divisore, che si serve di tutto per raggiungere il suo fine.
Rendo con voi grazie a Dio per il dono dell’episcopato, non soltanto perché dato a me: gli rendo grazie per il dono dell’episcopato alla Chiesa. Mentre mi fa piacere e vi ringrazio di cuore per questo ricordo che avete voluto in l’occasione del mio anniversario (ringrazio in modo particolare il vicario generale che l’ha voluto), vi invito a meditare al significato e al valore dell’episcopato nella Chiesa, perché è sempre molto più di colui che lo riveste. Non dobbiamo mai perdere questo di più. Il dono di Dio passa attraverso le persone e lo apprezziamo attraverso le persone, è vero, ma dobbiamo sempre rifuggire dai personalismi, dal fermarci cioè solo alle persone che volta a volta rivestono questo ministero. L’ordinazione episcopale dice proprio questo: al centro non ci sta la persona, ma il dono di Dio alla Chiesa. Come il battesimo è molto più di colui che lo riceve, come il sacerdozio è molto più della persona che lo riveste, così l’episcopato è molto più della persona che lo esercita. Questo non ci esonera dalle nostre responsabilità sul corretto modo di esercitare il ministero a favore della Chiesa, ma ci aiuta a riceverlo e viverlo consapevoli della povertà che ciascuno di noi porta con sé. Sappiamo, infatti, che è Dio che opera efficacemente attraverso la persona umana. È questa azione di Dio che ci fa apprezzare in pieno il dono dell’episcopato alla Chiesa.
Il ministero viene da Dio, proprio per questo possiamo dire che senza il ministero del vescovo non c’è la Chiesa. E questo per volontà stessa di Gesù che ha voluto la Chiesa fondata sugli apostoli. Lo confessiamo ogni volta che recitiamo il credo, cioè ogni volta che diciamo quale è la nostra fede, in che cosa crediamo: “credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica”. Per questo non possiamo mai fermarci solo alle persone, sia pure nella dovuta gratitudine verso coloro che ci fanno del bene nel Signore, ma vedere in esse quel dono di Dio che è sempre molto più grande delle persone. Le persone passano, con esse stabiliamo delle relazioni che alimentano la gratitudine per quello che attraverso esse riceviamo, ma ciò che resta, ed è molto di più, è il dono di Dio che continua ad essere presente nella Chiesa.
Ciò porta a rinnovare insieme l’amore alla Chiesa, a questa Chiesa truentina, quella di oggi, nella concretezza del suo darsi oggi e qui degnamente rappresentata da tutti voi, sacerdoti e fedeli, uniti attorno a me vescovo. Di essa e non di altro tutti siamo servitori, perché servire questa Chiesa è servire Cristo nel suo corpo, come ci ricorda spesso san Paolo. La nostra Chiesa truentina è una Chiesa ricca di risorse, innanzitutto e soprattutto perché ha tutte le risorse della grazia di Dio necessarie per la nostra santificazione (parola, sacramenti, ministero ordinato). Ovviamente, come ogni realtà umana, è frenata dalle inevitabili nostre debolezze umane. La consapevolezza di ciò ci stimoli non a scoraggiamento, ma a una maggior corrispondenza alla grazia di Dio.
Amiamo questa Chiesa, carissimi, non lesiniamo la nostra generosità verso di essa. Amare la Chiesa è amare Cristo. Aiutiamoci a vicenda ad amarla sempre più: aiutate me, aiutate i sacerdoti, aiutatevi tra di voi. Rendiamola sempre più santa e immacolata così che possa compiere la missione che Gesù le ha affidato quando ha detto ai suoi apostoli “andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15).
E con la sua bontà e la sua grazia il Signore si degni di accompagnarci ora e sempre».
Dopo i Riti di Comunione il clero diocesano ha fatto dono al Vescovo Bresciani di due regali: una mitria e un suo ritratto realizzato da don Tiziano Napoletani. Conclusa la celebrazione, clero e fedeli si sono ritrovati nel cortile parrocchiale per un momento di gioia e condivisione.
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