“Oggi, il mare sul quale fecero naufragio Paolo e i suoi compagni è ancora una volta un luogo pericoloso per la vita di altri naviganti”. Nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata all’ospitalità – tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani – e pronunciata in Aula Paolo VI davanti a 7mila persone, il Papa ha citato ancora una volta il dramma delle migrazioni, con la sua stringente attualità: “In tutto il mondo uomini e donne migranti affrontano viaggi rischiosi per sfuggire alla violenza, per sfuggire alla guerra, per sfuggire alla povertà. Come Paolo e i suoi compagni sperimentano l’indifferenza, l’ostilità del deserto, dei fiumi, dei mari…”.
“Tante volte non li lasciano sbarcare nei porti”, l’aggiunta a braccio: “Purtroppo, a volte incontrano anche l’ostilità ben peggiore degli uomini”. “Sono sfruttati da trafficanti criminali, oggi”, la denuncia di Francesco: “Sono trattati come numeri e come una minaccia da alcuni governanti, oggi. A volte l’inospitalità li rigetta come un’onda verso la povertà o i pericoli da cui sono fuggiti”.
“Noi, come cristiani, dobbiamo lavorare insieme per mostrare ai migranti l’amore di Dio rivelato da Gesù Cristo”, l’impegno chiesto sul versante ecumenico, e non solo: “Possiamo e dobbiamo testimoniare che non ci sono soltanto l’ostilità e l’indifferenza, ma che ogni persona è preziosa per Dio e amata da Lui. Le divisioni che ancora esistono tra di noi ci impediscono di essere pienamente il segno dell’amore di Dio”. “Lavorare insieme per vivere l’ospitalità ecumenica, in particolare verso coloro la cui vita è più vulnerabile, ci renderà tutti – tutti i cristiani, protestanti, ortodossi, cattolici – esseri umani migliori, discepoli migliori e un popolo cristiano più unito”, ha concluso Francesco: “Ci avvicinerà ulteriormente all’unità, che è la volontà di Dio per noi”.
“L’ospitalità è importante, è pure un’importante virtù ecumenica”, perché “significa riconoscere che gli altri cristiani sono veramente nostri fratelli e nostre sorelle in Cristo”,
l’esordio della catechesi. “Siamo fratelli”, il commento a braccio: l’ospitalità “non è un atto di generosità a senso unico, perché quando ospitiamo altri cristiani li accogliamo come un dono che ci viene fatto”. Poi il riferimento al brano degli Atti degli apostoli in cui si narra del naufragio di San Paolo a Malta, già oggetto della catechesi di due settimane fa: “Come i maltesi – bravi questi maltesi – siamo ripagati, perché riceviamo ciò che lo Spirito Santo ha seminato in questi nostri fratelli e sorelle, e questo diventa un dono anche per noi, perché lo Spirito Santo semina le sue grazie dappertutto”. “Accogliere cristiani di un’altra tradizione – ha spiegato ancora Francesco – significa in primo luogo mostrare l’amore di Dio nei loro confronti, perché sono figli di Dio, fratelli nostri, e inoltre significa accogliere ciò che Dio ha compiuto nella loro vita”.
“L’ospitalità ecumenica richiede la disponibilità ad ascoltare gli altri cristiani, prestando attenzione alle loro storie personali di fede e alla storia della loro comunità”, la raccomandazione del Papa: “Comunità di fede con altra tradizione della nostra”, l’aggiunta a braccio.
“L’ospitalità ecumenica comporta il desiderio di conoscere l’esperienza che altri cristiani fanno di Dio e l’attesa di ricevere i doni spirituali che ne derivano”, ha proseguito Francesco: “E questa è una grazia, scoprire questo è una grazia”. “Penso ai tempi passati”, l’esempio scelto fuori testo: “Nella mia terra, per esempio, quando venivano alcuni missionari evangelisti, un gruppetto di cattolici andava a bruciare le tende: questo non è cristiano, siamo fratelli, siamo tutti fratelli e dobbiamo fare l’ospitalità gli uni con gli altri”. Prima dei saluti in lingua italiana, l’appello a “pregare per la pace, per il dialogo e per la solidarietà tra le nazioni: doni quanto mai necessari al mondo di oggi”.
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