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Documento di Abu Dhabi. Houshmand (teologa musulmana): “È un dattero dell’albero dell’incontro”

M.Michela Nicolais

“Un vero e proprio raggio di luce e di speranza”, anche in un mondo dove soffiano venti di guerra e il dialogo sembra a volte compromesso o minacciato. Così la teologa musulmana Shahrzad Houshmand definisce il documento sulla Fratellanza umana, firmato esattamente un anno fa dal Papa e dal Grande Imam di Al-Azhar. “E’ come un dattero dell’albero dell’incontro”, spiega al Sir, “è come un’onda che invita anche a correggere interpretazioni errate o ottuse della propria religione”.

È passato un anno dalla storica firma del documento di Abu Dhabi. Che impatto ha avuto sul mondo musulmano?
Ad Abu Dhabi, per la prima volta nella storia, i due leader delle due maggiori religioni mondiali sono abbracciati, hanno scritto e proposto insieme, in modo equo e paritario, un documento. Si tratta senza dubbio di un fatto storico, ma occorre ricordare che il documento di Abu Dhabi non è una novità assoluta, bensì il frutto di un cammino, ed è stato preparato da ben 60 incontri. Il passo più importante nel dialogo tra cattolici e musulmani lo ha fatto il Concilio Vaticano II, con una revisione del dialogo con il mondo islamico che ha i caratteri di una vera e propria rivoluzione. Gli ultimi tre papi, inoltre, si sono spesi molto in questo ambito: basti pensare alla visita di Giovanni Paolo II alla moschea di Damasco e l’incontro con 70mila musulmani nel viaggio in Marocco. Benedetto XVI, nel 2012, ha parlato del dialogo come momento in cui l’incontro dell’altro diventa reciproco “nutrimento e sostegno”. In questa prospettiva, possiamo dire che

il documento sulla Fratellanza umana è come un dattero dell’albero dell’incontro: un frutto dolcissimo, che rende sempre più praticabile il cammino tra fratelli di diverse religioni.Riscoprirsi fratelli per promuovere insieme la giustizia e la pace, l’obiettivo del Documento: in che modo il dialogo tra le religioni, e in particolare quello tra cristiani e musulmani, può contribuire a cambiare uno scenario mondiale in cui non cessano i venti di guerra ed esistono “conflitti congelati” anche in Europa, come ha denunciato il Papa nel recente discorso al Corpo diplomatico?
Il Papa e il Grande Imam di Al-Azhar hanno supplicato il mondo intero lanciando un appello per la giustizia, la fraternità e la pace. Intellettuali, filosofi, leader elle religioni, capi di Stato e tutti coloro che hanno autorità sulla scena pubblica mondiale, fin dall’inizio del testo, vengono interpellati a proposito delle loro responsabilità per il futuro di pace del pianeta. I leader delle due maggiori religioni del mondo hanno quasi supplicato l’intera società umana, sollecitata a divulgare i contenuti del testo e a rileggerne i valori comuni. Tutto ciò, ad un anno di distanza, sta andando avanti in molti ambiti, e

il Documento di Abu Dhabi è un vero e proprio raggio di luce e di speranza,

anche in contesti difficili come quelli attuali, perché la verità è che la crisi di oggi è una crisi di fede, una crisi dell’educazione, dei giovani…

Il cammino della fratellanza passa anche per un cambiamento culturale, si legge infatti nel documento. Il Papa ha convocato per maggio un altro grande appuntamento per un “patto educativo globale”, coinvolgendo anche le altre le religioni. Qual è la risposta sul versante islamico?
Ci siamo messi in cammino, nell’ottica di una comune collaborazione. In questo momento, ad Abu Dhabi, c’è un incontro ad alto livello proprio in preparazione all’appuntamento di maggio.

Il documento sulla Fratellanza umana è come un’onda che invita anche a correggere interpretazioni errate o ottuse della propria religione.

L’esempio da seguire, anche per me che sono musulmana, è quello del Papa, che si mette in ascolto e come un maestro educa. Il Papa è un maestro universale della spiritualità, perché il vero maestro tiene conto dei bisogni di chi ascolta. Mettersi in un atteggiamento paritario dà la possibilità all’altro di ascoltare meglio le parole di Francesco, che sono le parole del Vangelo. Il suo è un lavoro eccezionale di evangelizzazione:

il Papa sta portando avanti il messaggio genuino del Vangelo, ma in un atteggiamento cristiano che è compatibile con la cultura e la spiritualità islamica.

Analizzando lo scenario del Mediterraneo, tema sul quale la Chiesa italiana ha organizzato un incontro delle Chiese cristiane a Bari, il card. Parolin ha evidenziato l’importanza del tema della cittadinanza. E’ questa, secondo lei, la strada per garantire il rispetto dei diritti umani e la libertà religiosa, anche nei Paesi in cui i cattolici sono una minoranza?
Sicuramente. Con la cittadinanza usciamo dalle varie identità culturali, nazionali, linguistiche e anche religiose: ci guardiamo l’uno negli occhi dell’altro come concittadini, prima di tutto della nostra terra, del mondo, e poi della nostra nazione e città. Uscendo dai nostri titoli religiosi, accademici, linguistici e culturali ci mettiamo ad un livello paritario e riusciamo a condividere insieme la sorte della nostra città, tramite l’attenzione al bene comune.