RIPATRANSONE – Lunedì 3 febbraio presso il Duomo di Ripatransone, concattedrale della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, si sono svolti i funerali di don Antonio Capriotti, vissuto per oltre sessanta anni a Ripatransone.
La santa Messa è stata presieduta dal vescovo Sua Eccellenza Monsignor Carlo Bresciani e concelebrata da molti sacerdoti.
Il vescovo Carlo nell’omelia ha affermato: “In questo momento, davanti alla salma di don Antonio e partecipando a questa liturgia funebre, ci viene in mente una delle domande fondamentali: ‘Cosa possiamo sperare di fronte alla morte?’.
Le nostre speranze, molto spesso, sono orientate verso un orizzonte terreno, ma la morte pone fine a tutte queste speranze e allora resta una domanda, ‘Che cosa possiamo sperare?’.
Don Antonio da sacerdote certamente ha dato una risposta che è la risposta cristiana,che è la risposta di ciascuno di noi da quando abbiamo ricevuto il battesimo, la resurrezione che soltanto Dio può promettere, la resurrezione vissuta da Gesù, e che è stata poi promessa anche ad ognuno di noi.
Don Antonio in questa fede ha consacrato la sua vita, l’ha consacrata da cristiano, l’ha consacrata da sacerdote, l’ha donata per il bene del popolo di Dio e per amore del Signore. E noi siamo qui a pregare perché questa speranza che ha guidato la vita di don Antonio trovi il suo adempimento nell’amore e nella comunione nel Signore. E mentre preghiamo il Signore per lui, dobbiamo anche pregare che le nostre vite siano orientate a questo orizzonte, a questo termine, quella vita e comunione con Dio che solo Lui ci può donare e che noi stiamo già vivendo sì nella nostra povertà e nei nostri limiti di ogni giorno, ma anche con la fede. La vita avrà infatti il suo compimento finale soltanto quando il Signore ci chiamerà a sé. E allora in questa fede, in questa speranza, don Antonio ha vissuto tutto il suo sacerdozio e anche la sua malattia e vorrei lasciare a lui la possibilità di un’ultima omelia in questa concattedrale, che lui ha guidato per molti anni come parroco. Nel suo testamento spirituale che ha lasciato e che ha scritto il 2 febbraio del 2005, quindi esattamente quindici anni fa, scrive: “Vorrei che questo testamento fosse come un’eredità di un pensiero o sentimento di fede e speranza, per tutto. Un povero ricordo spirituale da parte mia e insieme una doverosa richiesta di perdono, dettati sempre da affetto e benevolenza, aldilà di ogni asprezza, intransigenza e impulsività passata e accompagnati nonostante tutto da gratitudine e stima e avvalorato come una preghiera. Proprio in occasione della Presentazione di Gesù al Tempio, nella speranza e nell’auspicio che alla mia ultima ora, sia anche io presentato al Padre nel tempio della Sua Gloria come Gesù per le mani di Maria santissima e di san Giuseppe, ripetendo gioiosamente col santo vecchio Simeone: “Ora Signore, lascia pure che me ne vada in pace da questo mondo per vedere e godere Te e Cristo Tuo figlio, luce e salvezza di tutti i popoli, anche di questo tempo, dopo averlo visto e seguito già nella fede e atteso per tanti anni nella speranza e averlo pure additato per Tua grazia agli altri, certo con tanti limiti e incoerenze, ma sempre nella gioia, nello stupore e nella gratitudine per essere stato fatto strumento e portatore della Tua Parola di verità e di vita, della Tua salvezza e del Tuo perdono attraverso il ministero sacerdotale, che a tutt’oggi mi ha dato la possibilità, nonostante la mia indegnità di presentare agli uomini il Tuo sacrificio redentore”. Con queste parole don Antonio ci ha dato la risposta a quella domanda da cui siamo partiti: “Cosa possiamo sperare di fronte alla morte?” e don Antonio ci manifesta tutta la sua speranza e la sua fede, invitandoci a imitarlo. Ci sta parlando da sacerdote, non solo di sé, ma anche della vita di fede che deve guidare ciascuno di noi. Poi don Antonio ringrazia dettagliatamente e singolarmente tutti: vescovi, sacerdoti, confratelli, suore, famigliari, laici che ha incontrato durante la sua vita e conclude: “Nella pienezza delle mie facoltà, fino all’ultimo respiro, anche se sarò privo di conoscenza, intendo riaffermare dinanzi a Dio e alla Chiesa e a quanti mi furono affidati, la mia fede in tutte le priorità che la Chiesa cattolica propone a credere”. È l’atto di fede con il quale si è consegnato a Dio e ha risposto anche lui il suo “Eccomi”. Poi dice ancora: “Intendo riaffermare la mia speranza nella Misericordia di Dio e il mio filiale abbandono tra le braccia materne di Maria perché a coronamento di tante grazie avute in vita possa pure ottenere il grande dono della perseveranza finale, per cantare in eterno le lodi di Colui che anche in me ha aperto cose grandi, venendo in soccorso del Suo povero servo e ricordandosi della Sua Misericordia”. È la confidenza della bontà di Dio che viviamo ogni giorno e che viviamo in modo più particolare quando ci prepariamo ad incontrare in modo definitivo Nostro Signore. Inoltre don Antonio aggiunge: “Intendo confermare il mio desiderio, realizzato purtroppo così poco in vita di amare fino all’estremo e per tutta l’eternità, Dio con tutto il cuore sopra ogni cosa e per amore Suo anche il prossimo, specialmente chi non avessi considerato o trattato come prossimo, nel mio cuore e non mi avesse sentito a sua volta vicino come padre, amico e pastore”. Non possiamo che rispondere con la preghiera a questa sua richiesta di considerare anche con la benevolenza ciò che non è riuscito a fare e forse nonostante la sua buona volontà, affinché il Signore la Sua Misericordia sia abbondante coprendo anche quei limiti umani che la natura ha consegnato anche al suo ministero. Infine don Antonio afferma che il Signore, che è Padre e che tutto fa e dispone sempre per il nostro maggior bene: “Nelle Tue mani affido la mia restante vita” e ora dice: “Affido tutto me stesso, rimettendo nelle Sue mani anche la mia morte, come, dove e quando Lui vorrà, ripetendo con la Chiesa, al compimento della mia giornata terrena: “In manus tuas commendo spiritum meum”, nelle Tue mani Signore, affido il mio spirito. Anche noi questa mattina insieme a lui diciamo, “Nelle tue mani Signore affidiamo il suo spirito”, accoglilo nella benevolenza e sii per lui il compimento di quella speranza che lo ha guidato in tutta la sua vita”.
Anche il parroco di Ripatransone don Nicola ha voluto salutare don Antonio dicendo: “L’ho incontrato poco tempo fa nella RSA dove stava da qualche tempo e mi chiedeva di questa comunità, voleva sapere come andavano le cose. Aveva un grande desiderio di pregare per la comunità e nella sua sofferenza invece di pregare per sé stesso pregava per la sua comunità. Aveva a cuore la comunità di Ripatransone. Io ricordo che quando mi trovavo in seminario, sentivo continuamente parlare di don Antonio che si batteva per il bene della sua comunità, in ogni campo. Tante cose che ora abbiamo le dobbiamo a lui. Conserviamo nel nostro cuore i suoi insegnamenti. Grazie don Antonio, grazie per tutto”. Anche il sindaco di Ripatransone Lucciarini De Vincenzi ha salutato don Antonio ricordando soprattutto i suoi sforzi per la sua comunità, in particolare ha ricordato come lui tenesse particolarmente alle chiese del territorio ripano, alla loro manutenzione, alla loro conservazione, al loro valore cristiano, di fede. Al termine, la nipote Lucia, a nome della famiglia intera ha ricordato la volontà dello zio Antonio, di fare il bene continuamente, senza stancarsi, il suo dono del saper ascoltare e consigliare, la sua grande fede incrollabile e la sua obbedienza incondizionata.
Dopo la Celebrazione la salma di don Antonio è stata portata nella chiesa di san Niccolò di Acquaviva Picena, dove alle 15:00 la comunità parrocchiale ha potuto salutare il loro concittadino.
Don Antonio, infatti, era nato ad Acquaviva il 23 gennaio del 1933.