“L’idolatria del denaro, l’avidità, la corruzione”, sono tutte “strutture di peccato” – come le definiva Giovanni Paolo II – prodotte dalla “globalizzazione dell’indifferenza”. A denunciarlo è stato il Papa, che nel discorso – in spagnolo – rivolto ai partecipanti al workshop su “Nuove forme di fraternità solidale, di inclusione, integrazione e innovazione”, organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, ha fatto notare che “le 50 persone più ricche del mondo potrebbero finanziare, da sole, l’assistenza medica e l’educazione di tutti i bambini poveri nel mondo, salvando milioni di vite ogni anno”. “Ogni anno – ha detto Francesco – centinaia di miliardi di dollari, che dovrebbero essere pagati in imposte per finanziare l’assistenza sanitaria e l’istruzione, si accumulano nei conti dei paradisi fiscali, impedendo così la possibilità di uno sviluppo dignitoso e sostenuto per tutti gli attori sociali”milioni di dollari si accumulano in centinaia di paradisi fiscali, impedendo così la possibilità di uno sviluppo degno e sostenibile di tutti gli attori sociali”. Senza contare “la corruzione da parte di alcune delle imprese più grandi del mondo, non poche volte in accordo con la classe politica al governo”. “Come esiste una co-irresponsabilità riguardo ai danni provocati all’economia e alla società, così esiste una co-responsabilità portatrice di speranza per creare un clima di fraternità e di rinnovata fiducia nella ricerca di soluzioni innovative e umanizzanti”, il parallelo scelto dal Papa. “La maggiore struttura di peccato è l’industria della guerra”, ha tuonato Francesco, che ha esortato a “stabilire regole imperative globali” in campo economico e a promuovere il protagonismo dei più poveri nella società, in modo da combattere “le ingiustizie della nostra economia globale attuale”. Tra le sfide da raccogliere promuovendo una “nuova etica”, all’insegna della “cultura dell’incontro”, secondo il Papa c’è quella del cambiamento climatico “provocato dall’uomo”, affinché “non distruggiamo le basi della nostra casa comune”.
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