A che punto siamo nell’ambito dell’educazione affettiva e sentimentale dei nostri adolescenti?
La domanda chiede una riflessione approfondita.
Nelle ultime settimane abbiamo assistito a scambi piuttosto vivaci e conditi da accenti polemici in merito ai contenuti sessisti di alcune canzoni in gara all’ultimo Festival di Sanremo. Le critiche hanno poi investito anche la passerella del teatro Ariston, dove si sono avvicendate donne intente a sensibilizzare il pubblico sui temi della violenza e degli abusi sulle donne e “donne-immagine”, la cui unica funzione sembrava essere di natura “estetica”.
Non c’è da sorprendersi, comunque, il Festival è stata un’occasione tra le altre, una lente di ingrandimento sotto la quale osservare le avarìe culturali del nostro Paese.
I media non fanno altro che proporci modelli contraddittori in merito alla parità fra generi, l’affettività e le relazioni sentimentali. Si spazia tra posizioni antitetiche e ciò che arriva ai nostri ragazzi è per lo più ideologizzato e confuso.
La festa degli innamorati che si è appena conclusa è ormai da anni una gigantesca operazione commerciale, come pure la gran parte delle altre ricorrenze che riguardano il mondo degli umani.
Imperversano gli stereotipi di genere e la sessualità è sempre più declassata a genitalità, fermo restando che oggi esiste anche l’inquietante dimensione virtuale di questa sfera così intima e preziosa della persona.
Ma, al di là delle posizioni aspre e dei titoli sui giornali, cosa facciamo nella concretezza per educare i giovani ad avere una vita affettivo-sentimentale e sessuale sana?
Ben poco.
Nonostante la presunta emancipazione culturale, questi temi restano sempre poco esplorati, sono avvolti da una falsa forma di pudore e poco praticati nei percorsi educativi.
In realtà forse la situazione rispecchia una certa impreparazione, che riguarda anche il mondo degli adulti e non solo quello dei giovani. Alla rivoluzione sessuale degli anni Sessanta e alla “relativizzazione” dei sentimenti non è seguita una introspezione culturale adeguata, è stato smontato un quadro etico ritenuto ormai “trascorso” senza riuscire a rielaborare un nuovo e adeguato sistema di riferimento.
Perciò ci troviamo in un panorama dove le posizioni post-moderne si incrociano con vetusti stereotipi di genere. Dove permangono offese sessiste e giovani donne vanno invocando la parità, pur facendo leva nella pratica quasi esclusivamente sulle proprie risorse “estetiche”. La donna continua a essere “utilizzata” nella pubblicità e nelle trasmissioni televisive come “animale” da esibire. Con il fenomeno delle influencer, paradossalmente, la situazione è anche peggiorata. Nel mondo femminile contano le pose e i centimetri di corpo offerti al pubblico, non le idee.
Siamo a uno stallo e continueremo a starci se non troviamo alla svelta gli strumenti per prevenire fenomeni tragici, come il femminicidio e gli abusi. Non basta indignarsi, occorre educare ed è sbagliato pensare che l’educazione riguardi soltanto i maschi. Anche le femmine devono essere educate ad attribuirsi il giusto valore e a gestire le relazioni sentimentali con la dovuta consapevolezza.
Continueranno a essere scritte canzoni offensive, se l’immagine dell’amore manterrà questi contorni aggressivi e sfidanti. L’amore come conquista dovrebbe lasciare il posto all’amore della tenerezza e della solidarietà reciproca, in maniera particolare fra sessi diversi.
La famiglia in primis e la scuola dovrebbero giocare i ruoli più importanti. La nostra storia è piena di figure femminili di riferimento, andrebbero valorizzate e soprattutto la nostra letteratura è ricca di approfondimenti, che riguardano proprio la sfera dei sentimenti.
Amare se stessi e amare l’altro sono due passaggi che non possono esistere l’uno senza altro. Amare presuppone comprendere e accettare. Questi sono i temi da trattare negli interventi educativi e nei momenti di dialogo nelle famiglie.
Il primo passo verso queste condizioni essenziali deve esser fatto proprio dagli adulti.