di M. Michela Nicolais
(da Bari)
“La guerra è contraria alla ragione”. Dalla basilica di San Nicola – in una Bari definita da subito, a braccio, “capitale dell’unità”, dove ha scelto di tornare per la seconda volta, dopo l’incontro per la pace del 7 luglio 2018, con i capi delle Chiese cristiane – il Papa ha esortato i vescovi del Mediterraneo ad “agire come instancabili operatori di pace”, in un’area “insidiata da tanti focolai di instabilità e di guerra, sia nel Medio Oriente, sia in vari Stati del nord Africa, come pure tra diverse etnie o gruppi religiosi e confessionali”. Senza dimenticare “il conflitto ancora irrisolto tra israeliani e palestinesi, con il pericolo di soluzioni non eque e, quindi, foriere di nuove crisi”. La guerra “è un’autentica follia – il monito di Francesco – perché è folle distruggere case, ponti, fabbriche, ospedali, uccidere persone e annientare risorse anziché costruire relazioni umane ed economiche. È una pazzia alla quale non ci possiamo rassegnare: mai la guerra potrà essere scambiata per normalità o accettata come via ineluttabile per regolare divergenze e interessi contrapposti”. Guardare al Mediterraneo, “già divenuto un cimitero, come a un posto di futura resurrezione di tutta l’area”, il mandato finale a braccio. Ai fedeli salutati sul sagrato della basilica, l’invito a pregare sempre, “nei momenti brutti si prega di più”. Nell’omelia della messa celebrata in Corso Vittorio Emanuele, a cui hanno partecipato 40mila persone, il Papa ha ricordato che “l’unico estremismo dei cristiani è quello dell’amore”. Durante l’Angelus, un nuovo appello per la pace in Siria.
“Il fine ultimo di ogni società umana rimane la pace, tanto che si può ribadire che non c’è alternativa alla pace, per nessuno”, spiega il Papa dalla basilica di San Nicola: “Non c’è alcuna alternativa sensata alla pace”, perché la guerra è “il fallimento di ogni progetto umano e divino: basta visitare un paesaggio o una città, teatri di un conflitto, per accorgersi come, a causa dell’odio, il giardino si trasformi in una terra desolata e inospitale e il paradiso terrestre in un inferno”.
“Non accettiamo mai che chi cerca speranza per mare muoia senza ricevere soccorso o che chi giunge da lontano diventi vittima di sfruttamento sessuale, sia sottopagato o assoldato dalle mafie”, l’appello per l’accoglienza, “processo non facile” ma che è “impensabile poterlo affrontare innalzando muri”.
“Mi fa paura sentire discorsi che seminano paura e si sentivano nella terza decade del secolo scorso”,
rivela a braccio Francesco riferendosi a discorsi di alcuni leader populisti. Il Mediterraneo, invece, è “il mare del meticciato, culturalmente sempre aperto all’incontro, al dialogo e alla reciproca inculturazione”. “C’è bisogno di elaborare una teologia dell’accoglienza e del dialogo, che reinterpreti e riproponga l’insegnamento biblico”, l’invito del Papa sulla scorta di quello lanciato nel giugno scorso a Napoli. Tra i destinatari dell’annuncio, Francesco cita in particolare i giovani.
Estremismi e fondamentalismi, tuona il Papa, “negano la dignità dell’uomo e la sua libertà religiosa, causando un declino morale e incentivando una concezione antagonistica dei rapporti umani”: di qui la centralità del Documento sulla fratellanza firmato ad Abu Dhabi, anche come base per costruire insieme l’accoglienza dei migranti.