L’infezione da coronavirus fa registrare in Italia otto minorenni positivi: 7 in Lombardia, uno in Veneto. La più piccola ha 4 anni, il più grande 15. Ma non sono in gravi condizioni; due sono già stati dimessi. Nessuno dei decessi finora verificatisi nel mondo riguarda bambini. Perché? “I dati di cui ad oggi disponiamo sono quelli che ci arrivano dall’esperienza cinese, dal Chinese Journal of Epidemiology. I bambini sembrano essere colpiti molto meno, con forme molto lievi e nessuna di fatalità”, spiega al Sir Alberto Villani, presidente della Società italiana di pediatria e responsabile del reparto di Pediatria generale e malattie infettive all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, al quale abbiamo girato la domanda. “Non è chiaro perché ciò avvenga – sostiene l’esperto -. Potrebbe dipendere dal fatto che esistono tanti coronavirus che i bambini hanno sperimentato – i coronavirus sono la causa più frequente di raffreddore – e che quindi nei piccoli si siano sviluppate difese immunitarie che, anche se non specifiche, li proteggono in ogni caso dal Covid-19”. Del resto, prosegue, “è noto che i virus prediligono certe fasce di età rispetto ad altre. Ad esempio il virus respiratorio sinciziale (Vrs) colpisce il sistema respiratorio dei bambini di età inferiore ad un anno causando la bronchiolite che può anche essere letale in quelli molto piccoli, mentre agli adulti non provoca nemmeno un raffreddore”. Che cosa vuole dire ai genitori che di propria iniziativa tengono i figli a casa da scuola per timore del contagio? “Di stare assolutamente tranquilli – la replica di Villani -. Anzitutto perché questo virus non sembra colpire i bambini e poi perché sono sufficienti normali misure di precauzione. Non servono mascherine o disinfettanti costosi; bastano un buon lavaggio delle mani con acqua e sapone per circa 30 secondi; uno stile di vita sano andando a letto presto perché se si dorme bene ci si ammala meno; una corretta alimentazione con frutta e verdura. Non abbiamo armi perché è un virus nuovo; l’unico modo per difendersi è non entrarci in contatto. Pertanto, nel caso in cui ce ne sia davvero bisogno saranno le autorità sanitarie nazionali a decidere la chiusura delle scuole – e lo stanno già facendo -; laddove non vengano assunte queste misure non ha alcun senso tenere i figli a casa”. Ciò che serve, conclude, “è uno stile di vita sano e molto buon senso”.
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