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Corso di giornalismo “L’Ancora”, l’intervista di Emma e Vittoria all’edicolante Roberto Pompili: “La mia passione più forte della crisi”

L’edicolante Roberto Pompili sul posto di lavoro

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Si parla molto di crisi dell’editoria. I giornali cartacei di tutto il mondo non se la passano tanto bene. Il numero di giornalisti con contratti degni di questo nome si riduce sempre più. Di queste tematiche molto di sa e tanto di dice. Ma c’è un altro filone di questa catena di crisi che rischia spesso di restare nell’ombra.
Eppure è un filone essenziale nella filiera dell’informazione vecchio stampo, ancorché l’ultimo. Parliamo delle edicole: roccaforti delle news su carta.
Anche gli edicolanti risentono di questo difficile momento (“momento” che, in realtà dura da anni) «Un tempo, lo stipendio di un edicolante era più che sufficiente a mantenere una famiglia. Oggi non è più così. Io sono sposato ed ho un bimbo piccolo, in casa attualmente lavoro solo io e a volte è difficile far quadrare i conti. Ma alla fine vado avanti, anche perché questo lavoro mi piace». Lo dice Roberto Pompili, 34 anni, da 7 al timone della storica edicola di via Montebello, alias Piazza della Verdura. Un punto-vendita che da decenni fa compagnia a residenti del quartiere Marina Centro e persone di passaggio.
L’intervista è stata realizzata da due studentesse, Emma De Cosmis e Vittoria Angeloni, nell’ambito del “Corso di giornalismo e comunicazione professionale per studenti“, organizzato dal giornale “L’Ancora”, col patrocinio dell’Ordine dei Giornalisti delle Marche, grazie al contributo del “Sovvenire”, Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica) e in collaborazione con “Radio Ascoli”.

Perché ha pensato di aprire un’edicola?
“Perché credo ancora nell’editoria. Oggi con l’avvento di Internet e soprattutto dei Social etwork si sta perdendo l’uso della carta, ma io continuo a credere che il giornale cartaceo possa dare ancora un qualcosa in più ai lettori”.

Com’è la giornata tipo di un edicolante?
“La giornata tipo è abbastanza monotona. Mi sveglio alle 5/5:30. Una volta aperta l’edicola aspetto le consegne, passo poi alla conta delle ceste di quotidiani che arrivano, ne sono circa 4/5 al giorno e solo alla fine sistemo i giornali. Questo lavoro dura due o tre ore e poi sono pronto per la vendita. Il pomeriggio si fa la resa e verso le 19/19:30 chiudo e torno a casa e mi preparo per il giorno dopo. Tutto questo sette giorni su sette”.

Negli ultimi 15 anni a livello nazionale le edicole sono passate da 42.000 a 26.000. Ha qualche dato a livello locale?
I dati a livello locale in maniera precisa no. Sono però a contatto con diversi ordini sindacali, di cui il SINAGI – Sindacato Nazionale Giornalai ndr – e mi hanno detto che purtroppo siamo verso la fine delle edicole e se si reggono ancora in piedi è grazie al punto strategico in cui si trovano o per la clientela fissa”.

Quali sono i quotidiani più richiesti?
Nel mio punto vendita i più richiesti sono il Corriere Adriatico e il Resto del Carlino, poi al terzo gradino del podio c’è il giornale sportivo la Gazzetta. Al di là dei locali, se la battono La Repubblica, il Corriere della Sera e La Stampa”.

C’è un periodo dell’anno in cui i giornali si vendono di più? E quali sono gli avvenimenti che portano ad un incremento le vendite?
“Per la mia edicola non c’è un periodo dell’anno particolarmente più intenso di altri. Le vendite sono chiaramente collegate ai fatti di cronaca, per esempio eventi sportivi o attualmente le notizie che riguardano il Coronavirus aumentano in maniera significativa l’acquisto di quotidiani. Quando non ci sono fatti importanti il numero di giornali venduti rimane nella media”.

Qual è l’identikit dell’acquirente medio di un giornale?
“Posso dire che l’acquirente medio non è né un giovane né un anziano ma un adulto di circa 45/50 anni. Poi, certo,  ci sono ragazzi che chiedono la Gazzetta dello Sport come anziani che comprano il Corriere delle Sport-Stadio.  La mezza età invece chiede il quotidiano classico”.

In generale, in edicola quali sono gli articoli più venduti?
“Abbiamo oggettistica per bambini, Dvd, giochi, buste-sorpresa, figurine. Tutto questo aiuta a livello di incasso giornaliero , al di là dei quotidiani che, da soli, sposterebbero ben poco in termini di introiti”

Qual è il percorso che un giornale fa per arrivare all’edicola?
“I giornali vengono portati qui dal distributore locale, attraverso dei camion, comunque imbustati. Vengono poi smistati nello stabilimento centrale di Pescara: da Pescara arrivano ad Ascoli e da Ascoli vengono poi portati nelle edicole ogni mattina. I quotidiani sono quelli che arrivano prima, verso, poi più tardi giungono anche le altre cose, come le ceste e gli illustrati, che poi sarebbero i giocattoli per i bambini”.

Del prezzo di vendita di un giornale, quanto rimane all’edicola?
Rimane poco. Noi lottiamo per avere un aggio maggiore. Attualmente a noi resta  il 20-30% del prezzo del giornale, cioè dai 15 ai 20 centesimi, che è pochissimo! Ovviamente dipende dal tipo del quotidiano: per quanto riguarda il Corriere Adriatico, che costa 1,20 euro, a noi rimangono solo 23 centesimi; invece per quanto concerne Il Resto del Carlino, che costa 1,60 euro, a noi rimangono solo 30 centesimi. Più costa il giornale, più l’aggio aumenta; ma capirete che non esistono giornali che costano 50 euro! In genere per ogni giornale guadagno 20-30 centesimi”.

Il presidente della Federazione Italiana Editori Giornali, Andrea Riffeser Monti, ha dichiarato che sarebbe opportuno creare postazioni di lavoro per giornalisti all’interno delle edicole, in modo da lavorare per mezza giornata in contatto coi cittadini: lei cosa ne pensa?
Io sono propenso: sarà anche vero che c’è una crisi dei giornali, ma sei i giornalisti non trovano notizie interessanti, non si vende. Lavorando in simbiosi, è meglio: entrambi fanno qualcosa e contribuiscono. Noi edicolanti siamo la parte finale del processo: noi lavoriamo con il cliente, ma il cliente deve leggere quello che i giornalisti scrivono. Lavorando in simbiosi, penso che si possa fare qualcosa di buono”.

Come affronta questa crisi editoriale? Pensa che si possa fare qualcosa? E come?
“Pregando! Ovviamente sto scherzando: cerco di affrontare la situazione con serenità. Essendo giovane, a volte, la notte, non prendo sonno facilmente. Penso soprattutto alle cose da pagare. Il nostro Comune purtroppo non aiuta con le tasse. In molte località italiane, come nel pesarese, i Comuni vanno incontro alle edicole, togliendo la tassa per l’occupazione del suolo pubblico. Io pago 600 euro l’anno, che è relativamente poco. Ma togliendomi quel balzello, potrei risparmiare per poi reinvestire, migliorando l’edicola e garantendo sempre più offerta ai clienti. Insomma: se il Comune, o, forse, anche il Governo, ci dessero un aiuto economico, andrebbe meglio. Vorrei ricordare che agli editori dei giornali vanno ricche sovvenzioni statali, mentre noi edicolanti restiamo fuori da certi contributi. Ma se noi chiudessimo, non sarebbe un bene, perché i giornali non venderebbero più”.

Marco Braccetti: