“I combattimenti infuriano senza sosta. Proprio due giorni fa abbiamo potuto vedere con i nostri occhi l’abbattimento di un aereo siriano da parte turca. Sappiamo di tanti morti tra i soldati siriani e quelli turchi che sostengono i ribelli. Ma è impossibile quantificarne il numero perché i dati sono influenzati dalla propaganda che è una guerra parallela a quella combattuta sul terreno”.
È la testimonianza che arriva da padre Hanna Jallouf, francescano della Custodia di Terra Santa e parroco latino di Knaye, uno dei tre villaggi cristiani della Valle dell’Oronte (gli altri sono Yacoubieh e Gidaideh, tutti a circa 50 km da Idlib), nella provincia di Idlib, nel nord-ovest della Siria, sotto controllo dei jihadisti di Tahrir al-Sham, oppositori al regime del presidente Assad. La speranza “almeno in un cessate-il-fuoco” è tutta riposta nell’incontro previsto oggi a Mosca tra Putin ed Erdogan dove sarà discussa la crisi in corso a Idlib per cercare di raggiungere un’intesa.
Il vertice di Mosca. “Credo – afferma padre Jallouf – che i duri combattimenti di questi giorni servano alle due parti per guadagnare ulteriore terreno e presentarsi così all’incontro in una posizione di forza. La sensazione è che dopo il vertice la situazione tenderà alla calma.
Erdogan e Putin hanno in mano le chiavi del conflitto.
Molto probabilmente – dice padre Jallouf – stabiliranno una linea di demarcazione tra le parti in conflitto. Disegneranno nuove mappe, visto che quelle tracciate a Sochi sono oramai superate dagli eventi, per mettere fine alla guerra”. Secondo gli accordi di Sochi, firmati da Russia e Turchia, la provincia di Idlib era una delle cosiddette “de-escalation zone”. L’impegno turco, disatteso secondo i russi, era quello di smantellare le milizie ribelli presenti al suo interno. “Quel che si sente dire qui – aggiunge il francescano – è che vicino la frontiera con la Turchia verrebbe creata una ‘zona cuscinetto’ per reinsediare tutte le centinaia di migliaia di sfollati dall’area di Idlib, fuggiti in questi ultimi mesi a causa dei combattimenti. La sorte di Idlib verrà invece decisa da ulteriori negoziati”. Secondo il francescano “l’esito del vertice di Mosca avrà un peso anche su quanto sta avvenendo in Turchia dove Erdogan ha dato il via libera ai siriani che lì sono rifugiati da qualche anno a passare il confine per entrare in Grecia e dunque in Europa. Va detto – precisa padre Hanna – che tra coloro che stanno affluendo al confine con la Grecia non ci sono rifugiati che provengono da Idlib. Questi ultimi si stanno ammassando quasi tutti al confine turco-siriano”.
Emergenza umanitaria. “Siamo davanti ad un esodo di persone – dice il frate della Custodia -. Gli sfollati sono in larghissima maggioranza donne, anziani e bambini. Gli uomini, infatti, sono a combattere. Sono privi di tutto, dormono all’aperto. Stiamo cercando di aiutarli per quel poco che possiamo.
Per chi non possiede più nulla anche un tozzo di pane è un aiuto incredibile.
I più fortunati dormono in auto, ma sono tantissimi quelli che trovano riparo in vecchie tende, sotto gli alberi, addirittura nei pollai. Chi può apre la propria casa. Vediamo una sofferenza incredibile. Anche per gli sfollati – rimarca padre Jallouf – è una guerra di numeri: potrebbero essere oltre 300mila ma secondo altri arriverebbero a circa un milione. Da quel che sappiamo a Idlib sarebbero rimaste almeno 300mila persone. La maggiorparte dei suoi abitanti è andata via da tempo. Sciiti e alauiti – spiega il parroco – sono scappati già anni fa, quando qui sono arrivati i ribelli sunniti”. Chi è rimasta è una sparuta comunità cristiana locale sparsa nei villaggi di Knayeh, Yacoubieh e Gidaideh che padre Jallouf segue insieme al suo confratello Louai Bsharat. Gli unici religiosi rimasti nella zona. “Tutti i preti e i sacerdoti che c’erano sono fuggiti dopo che molte chiese e luoghi di culto sono stati distrutti o bruciati” sottolinea padre Hanna che nel 2014 fu rapito dai qaedisti.
“I nostri fedeli ripetono spesso: quando verrà il nostro turno? Che ne sarà di noi?”
“Temono per la loro vita, si chiedono se dovranno fuggire e abbandonare tutto. Io ripeto loro di non avere timore, che Dio è con noi e ci aiuterà come ha sempre fatto in questi anni di guerra”. Ma la paura è tanta ed è alimentata “dai muezzin locali che avvertono dell’arrivo dei persiani (pasdaran sciiti iraniani che combattono al fianco di Assad, ndr.) annunciando indicibili violenze a uomini e donne. Minacce che spingono tantissimi a fuggire”. “Oggi non ci resta che attendere la fine della violenza – conclude padre Jallouf -. L’andamento dei combattimenti sul campo è segnato dai canti di vittoria o dai silenzi della sconfitta dei ribelli Tahrir al-Sham”.
“Intanto preghiamo per tutte le persone che soffrono a causa di questa guerra, soprattutto per quelle vittime innocenti che sono i bambini. Muoiono per le bombe, per il freddo, per la fame, ed è bene ricordarlo, anche per le sanzioni internazionali che si fanno sentire pesantemente sulla popolazione siriana”.
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