Da ieri mattina non arrivano più notizie dall’ospedale di Codogno dove dodici giorni fa, grazie all’intuizione di una anestesista, è stato individuato Il cosiddetto “paziente uno” del Covid-19. Da allora, alcuni medici e infermieri si alternano senza sosta e senza tornare a casa per curare, aiutare e sostenere i malati colpiti da Coronavirus ma anche senza dimenticare chiunque si trovi nelle varie corsie del nosocomio, vittima di altre patologie. Questa mattina, infatti, la direzione sanitaria ha chiesto formalmente ai dipendenti di non rilasciare interviste. Ma in tutta questa vicenda non c’è solo un aspetto professionale, peraltro assolutamente encomiabile. Alla professionalità e al senso del dovere, qualcuno del personale medico o paramedico aggiunge la sua fede e la sua consapevolezza che tutto resta comunque nelle mani di Dio. “Sto vivendo questa emergenza senza paura. Sono credente e fin dai primi giorni mio marito ed io preghiamo in casa tutte le sere, stiamo facendo la novena della Madonna che scioglie i nodi. Preghiamo perché il Signore aiuti tutti noi in questa emergenza, per la diminuzione dei contagi e la guarigione dei malati”. A confidarlo al Sir è Caterina Lazzarini, infermiera in ortopedia e traumatologia dell’ospedale, precisando: “Mi dispiace, ma più di questo non posso dirle”.
Non solo lavoro, quindi ma anche presenza viva. “Mi rendo conto che la situazione è seria – riprende -; per questo in ospedale stiamo usando i presidi di protezione necessari. Sono stanca ma fiduciosa: oltre all’impegno e all’abnegazione messi nel lavoro, nel nostro piccolo mio marito ed io ci affidiamo alla forza della preghiera”. La gente guarda a voi infermieri e ai medici dell’ospedale di Codogno con ammirazione, le dico. “Non c’è nulla da ammirare – taglia corto -; facciamo semplicemente il nostro lavoro. Ci piace farlo e tentiamo di farlo nel migliore dei modi”.