“Quello che abbiamo davanti è un tempo duro. Vorrà dire che alle difficoltà di tutti i giorni, che qui non mancano davvero, aggiungeremo anche questa, nella consapevolezza che ne usciremo vincitori”. Non lo nomina direttamente, padre Gabriel Romanelli, parroco latino della Striscia di Gaza, ma è chiaro il riferimento al coronavirus che si sta diffondendo anche in Israele e Palestina.
“Qui a Gaza – dice al Sir – non si sono registrati casi, almeno fino ad ora. Nonostante ciò abbiamo messo in atto tutte le misure precauzionali indicate a più riprese dal Patriarcato latino di Gerusalemme” il cui amministratore apostolico, mons. Pierbattista Pizzaballa, proprio oggi ha esteso all’intero territorio palestinese dopo che nella serata di ieri il presidente palestinese, Abu Mazen, aveva dichiarato lo stato di emergenza nei Territori. Tutta la comunità cristiana di Gaza, circa mille fedeli dei quali solo 117 i cattolici, si sta organizzando per evitare il contagio dal virus molto temuto anche per le pessime condizioni igienico-sanitarie in cui versa da anni la Striscia, priva anche di moderne infrastrutture ospedaliere.
Una parrocchia social. “Nella nostra parrocchia della Sacra Famiglia, frequentata anche dai fratelli ortodossi, abbiamo implementato le misure precauzionali.
Abbiamo cancellato tutte le attività pastorali, da quelle con i giovani, come scout e oratorio, a quelle con le famiglie e gli adulti. Sospese anche le scuole di preghiera. Ci stiamo organizzando per la trasmissione della messa in streaming attraverso i social.
Questo perché alle celebrazioni non possono partecipare più di 15 fedeli alla volta, e tra di loro deve esserci una distanza di almeno un metro”. Per ovviare al problema a Gaza attendono il sole per celebrare all’esterno, nel piazzale antistante la chiesa e dare modo ai fedeli di partecipare. “E poco importa – dice padre Gabriel – se non potranno scambiarsi il segno di pace e dovranno prendere l’Ostia in mano piuttosto che in bocca, come tutti vorrebbero. Oggi piove e abbiamo cancellato la Via Crucis all’esterno. La pregheremo solo con le religiose all’interno della chiesa. A coloro che non potranno partecipare alle messe perché più esposti al virus, anziani e disabili, porteremo la comunione nelle case adottando ogni misura igienico-sanitaria necessaria. L’obbligo della frequenza domenicale alla messa per il momento è stato sospeso da mons. Pizzaballa”. Non si sa ancora nulla invece delle scuole, se chiuderanno o meno. “Le nostre scuole cattoliche nella Striscia stanno aspettando la decisione dell’Autorità locale che dovrebbe ricalcare quella del presidente Abu Mazen. In tarda serata dovremmo sapere qualcosa. Laddove fosse necessario siamo pronti a far lavorare da casa alcuni dei nostri impiegati”.
Il virus, da sfida a opportunità. “È duro vedere la chiesa vuota di fedeli – ammette senza tanti giri di parole padre Gabriel – ma è una prova che supereremo uniti nella preghiera. La parrocchia è sempre stata un centro di aggregazione per i nostri fedeli e per questo motivo è molto importante continuare a farla vivere”. Ma come? “Innanzitutto trasformando questo tempo difficile in una opportunità di riflessione e di approfondimento della nostra fede – risponde il religioso -. E in questo ci vengono in aiuto i social”. Streaming, gruppi ‘Whatsapp’ e chat sono strumenti utili per “veicolare catechesi, messaggi religiosi, avvisi e per trasmettere messe e funzioni consentendo ai nostri fedeli di partecipare anche se da casa”. Il coronavirus si batte anche così. “In questi giorni – rivela padre Gabriel – stiamo approfondendo il significato del prendere la Comunione sulla mano con una catechesi sul senso della presenza di Gesù nell’Eucaristia.
Abbiamo un tesoro fra le mani, dobbiamo esserne coscienti. Nessuna particella dell’ostia deve andare perduta. Così abbiamo indicato ai fedeli come purificarsi le mani. Tutti hanno accettato benissimo e con rispetto le indicazioni.
Non è facile per i nostri fedeli prendere la particola sulle mani ma adesso si sono resi conto che non è una mancanza di rispetto verso Nostro Signore. Il coronavirus ci sta dando occasione anche per riflettere sul senso e l’importanza della vita che va protetta nel corpo e nello spirito. Riscopriamo così la missione del prendersi cura delle persone per proteggerle dalle infezioni corporali e spirituali, del servire chi è malato, chi è più vulnerabile”. Tutti messaggi che arrivano attraverso i social e che aiutano la comunità ecclesiale a non perdere il contatto con la parrocchia. “Abbiamo davanti un periodo lungo da far fruttificare anche spiritualmente. Ma non dobbiamo avere paura, perché
la paura uccide più del coronavirus.
Dobbiamo credere nella vita senza arrenderci alle difficoltà. Verrà del bene anche dal coronavirus”.
0 commenti