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Coronavirus. Messe sospese: la solitudine non è isolamento ma comunione con tutti

Cristiana Dobner

Tempi di emergenza e in rapida crescita esponenziale. Stiamo vivendo un quotidiano che eravamo abituati a leggere nelle antiche cronache e che mai avremmo pensato di dover affrontare.
Vigilare, custodire e… disinfettare. Tutto questo diventa un imperativo imprescindibile, per noi stessi e per tutto il nostro vivere civile.
Tuttavia, non basta, ben altro abita e sommuove il nostro interiore: l’incertezza, l’istinto a proteggere noi stessi e i nostri cari. Come fare?
Ci salva la razionalità, il mutuo aiuto disinteressato che medici e infermieri, in prima linea, stanno testimoniando.
Ancora però non siamo giunti, nel nostro animo, a quel punto oltre il quale …ammutoliamo e ci affidiamo al nostro Creatore.

La celebrazione quotidiana della Messa è sospesa e nelle chiese è vietato parteciparvi. Una disposizione che i nostri vescovi hanno adottato con saggezza e grande senso civico. Il silenzio ci invade.

Rimane però un interrogativo: la Messa che i nostri fratelli sacerdoti celebrano in solitudine non ha forse una forza di irraggiamento pari alla loro sofferenza di non trovarsi in comunione visibile e tangibile con i loro fedeli?
In questa realtà drammatica la fede, cioè la relazione con il Padre, non può assumere un aspetto finora inedito?
Certo, non essere presenti e celebrare, da fedeli, con il sacerdote crea un vuoto e impone un’assenza.
La fede però può colmarlo perché conosce un’altra dimensione: la comunicazione che non conosce confini fisici, che non conosce barriere di isolamento.
Il prete che celebra si libra su tutto il mondo, non si chiude nella sua piccola cerchia parrocchiale, si dilata su tutti e su tutto.
La presenza del Figlio che si dona nel pane e nel vino, divenuti Suo Corpo e Suo Sangue perché diventino pane e vino per la nostra vita, raggiunge tutti e chiunque, tutti possono essere presenti e tutti sono raggiunti dal Soffio vitale della grazia.
Questa dimensione vince la quarantena, ci fa attraversare il deserto certi che non ci manca l’acqua e che la Manna è sempre con noi.

La solitudine non è isolamento e mancanza di relazioni, la solitudine è comunione con tutti, in quella dimensione che ci rende più vicini nella traversata, più fratelli e sorelle nella difficoltà.

Quaresima è tempo di rinascita, di conoscenza di sé, di novità.
Il tempo di calamità ci invita a nuove scoperte: non possiamo partecipare alla celebrazione della Messa? Finalmente useremo con fede intelligente tutti i mezzi di comunicazione e saremo presenti alla celebrazione.
L’ascolto della Parola è Pane e nutrimento. Le letture di questa Quaresima risultano ancora più vive e catturanti, entrano dentro e ci aiutano consolidando la nostra speranza, la nostra attesa. Chiniamoci sulla Parola e lasciamo che dentro di noi ci trasformi, ci doni la sua forza di novità e di coraggio.
Il grido di ciascuno e di ciascuna, che percorre le giornate nel silenzio e nella solitudine coatta, corre intorno al mondo e avvolge tutti, perché ci sentiamo uniti gli uni agli altri muovendo passo dopo passo.

Francesco lo ha detto:

Oggi sono ingabbiato, ma è per le disposizioni contro il Coronavirus. Ma io vi vedo, vi sono vicino.

Dobbiamo partecipare con lui di questo nuovo modo di vedere e di stare vicini insieme a responsabilità, pazienza, sollecitudine e solidarietà verso i colpiti, verso gli operatori sanitari con quella linfa che scorre perché il Vangelo è con noi.

Francesco, tutti i vescovi e i nostri preti sono con noi, più vicini di prima:

Mi unisco ai miei fratelli Vescovi nell’incoraggiare i fedeli a vivere questo momento difficile con la forza della fede, la certezza della speranza e il fervore della carità. Il tempo di Quaresima ci aiuti a dare tutti un senso evangelico anche a questo momento di prova e di dolore.