DIOCESI – Come stanno vivendo i malati l’emergenza coronavirus? Quali sono i sentimenti che prevalgono in questo momento nella comunità cristiana? Cosa possiamo fare come cristiani in questa circostanza? Sono solo alcune delle domande che in questi giorni tanti si stanno ponendo e a loro volta rivolgono a qualche sacerdote amico oppure al proprio parroco. Abbiamo “girato” questi dubbi a Don Roberto Melone che oltre a essere parroco della parrocchia Gran Madre di Dio in Grottammare è anche Direttore dell’Ufficio Diocesano per la Pastorale della Salute e in questa veste gli abbiamo chiesto come le perso e fragili nel corpo stanno vivendo questo momento
Quali sono i sentimenti delle persone malate in questo momento? Che cosa puoi dire in base alla tua esperienza diretta e di ascolto?
È difficile raccogliere i sentimenti delle persone malate perché sin dal presentarsi dell’emergenza coronavirus, seguendo le indicazioni date a livello governativo e regionale, abbiamo cercato di non avvicinare fisicamente i malati al fine di proteggerli da una possibile infezione che come sappiamo può avvenire in modo asintomatico. Insomma, ci è mancato il contatto diretto, ma ci siamo fatti presenti attraverso altri modi con telefonate, messaggi, social, cercando di far sentire una presenza, pur non portando la Comunione. Abbiamo cercato di rispettare quelle che sono le indicazioni nazionali. Quello che si può riscontrare è una preoccupazione per un’esperienza incerta, nella quale si ha la sensazione di brancolare nel buio e forse una luce si vede lontana. Umanamente ci sono smarrimento e fatica, anche se dal punto di vista cristiano c’è la speranza sostenuta dalla fede.
Sono arrivate delle indicazioni dall’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute?
L’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute si è mosso prontamente. Abbiamo già avuto due incontri virtuali con tutti i direttori degli Uffici Diocesani e i cappellani ospedalieri guidati dal direttore dell’Ufficio don Massimo Angelelli. Da giorni sulla homepage dell’Ufficio Nazionale è stato attivata una pagina intitolata “Emergenza Covid 19” con tutte le indicazioni scientifiche che provengono dal Ministero della Salute, dall’Istituto Superiore di Sanità e dalla Protezione Civile e pastorali che si devono adottare. Il sito è in costante aggiornamento e questo è segno della mobilitazione che la Chiesa sta portando avanti in questa emergenza sanitaria. Sabato scorso, quando hanno partecipato 120 direttori diocesani, abbiamo avuto un collegamento di circa un’ora e mezza, nella quale sono state poste numerose domande. Uno o due volte a settimana l’Ufficio Nazionale contatta i Direttori Diocesani per gli sviluppi e gli aggiornamenti necessari.
Qual è il contributo che noi cristiani possiamo dare in questo momento particolare?
Il cristiano in quanto cittadino deve rispettare in toto quelle che sono le indicazioni ministeriali. Già questa è una grande testimonianza perché oggi si fa fatica a rispettare le regole. Poiché oggi è prevalsa la paura, forse ci stiamo rendendo conto di quanto ciò sia necessario. Ma il rispetto delle regole è sempre qualcosa di necessario per la società al fine di raggiungere il bene comune. Il cristiano come credente può, in questo momento in cui è privo del pane dell’Eucaristia, intensificare le sua preghiera, vivendo la fede attraverso l’ascolto della Parola di Dio, cercando la comunione spirituale attraverso i mezzi di comunicazione di massa come la tv o la radio, sforzandosi di tenere lo sguardo sempre verso l’alto.
Come parroco ci puoi dire come la tua comunità parrocchiale sta vivendo questi giorni? Prevale la paura o la speranza?
La parrocchia ha vissuto con fatica sin dall’inizio la mancanza della celebrazione eucaristica, ha gioito quando l’ha riavuta e adesso si può vedere nelle persone un mix fra paura e speranza. Ma a predominare è la speranza: lo si può vedere nelle varie chat dei gruppi parrocchiali dove prevalgono preghiere, stimoli e incoraggiamenti ad andare avanti. Emerge l’unità di questa comunità parrocchiale che si sente una sola realtà, anche se non fisicamente riunita e credo che questa sia la forza della nostra Chiesa che pur non incontrandosi si sente unita nella fede nel Signore. È questo il più grande annuncio di speranza che si sta alimentando in una riscoperta comunione, che forse tante volte abbiamo dato per scontata.