Da Idlib a Gaza, le piccole comunità cristiane locali pregano per i “fratelli italiani” alle prese con la pandemia del Coronavirus. “Seguiamo per quel che è possibile le notizie dall’Italia” dice al Sir padre Hanna Jallouf, francescano della Custodia di Terra Santa e parroco latino di Knaye. Knaye, con Yacoubieh e Gidaideh, è uno dei tre villaggi cristiani della Valle dell’Oronte, nella provincia di Idlib, ultima roccaforte dell’opposizione armata al presidente Assad, dove a causa della guerra, è in corso una gravissima emergenza umanitaria con oltre un milione di sfollati, in grandissima parte donne e bambini. “In questo momento di difficoltà vi ricordiamo nelle nostre preghiere. Siete nei nostri cuori” aggiunge il parroco che guida una comunità di 260 famiglie sparse nei tre villaggi cristiani, a circa 50 km da Idlib. Una comunità, che oltre agli stenti della guerra, subisce tante restrizioni dal fronte qaedista Hayat Tahrir al-Sham: le messe sono tollerate solo se svolte all’interno della chiesa, è vietato esporre all’esterno croci, statue dei santi, immagini sacre e suonare campane”. Per ora dalla Siria non giungono notizie ufficiali di contagi da coronavirus anche se da ieri sera il Governo ha deciso di chiudere scuole, università, teatri e luoghi pubblici fino a 2 aprile.
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photosmash_disabled-button mejs-playpause-button mejs-play”>Dalla Striscia di Gaza, altra zona di tensione in Medio Oriente, giunge il messaggio del parroco della parrocchia latina della Sacra Famiglia, padre Gabriel Romanelli, “ai fratelli italiani”. Anche la comunità cristiana di Gaza, circa 1000 fedeli di cui solo 117 cattolici su due milioni di abitanti, è soggetta alle restrizioni imposte dal Patriarcato latino di Gerusalemme per contenere il virus. Attività pastorali sospese, messe solo all’aperto con i fedeli a debita distanza, comunione sulla mano, niente scambio di pace, le principali misure adottate. “Ieri abbiamo celebrato la Via Crucis in chiesa con i religiosi e poi la messa all’aperto con i fedeli accorsi. Abbiamo sempre pregato per l’Italia, – dice al Sir il parroco – per i medici e gli infermieri che sono in prima linea a portare le cure necessarie, implorato la guarigione dei malati. Vi siamo vicini con la preghiera e l’affetto. Questo è il momento per noi di ricambiare la vostra vicinanza, la vostra amicizia e generosità che sempre ci dimostrate. Ai nostri fratelli italiani diciamo trasformate questo tempo a casa in una opportunità per riscoprire valori familiari e la preghiera. Qui a Gaza siamo abituati a restare a lungo in casa e nonostante tutto non perdiamo la voglia di gioire e di restare sereni. La preghiera ci aiuta in questo. Usiamo questo tempo come una sorta di ritiro spirituale. Dio vi benedica e vi doni serenità. Non abbiate paura, Cristo è con noi. W l’Italia!”.
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