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Quaresima e Coronavirus: diventare eroi, e poi magari santi

Alessandro Di Medio

Ieri, per la prima volta dall’inizio della quarantena, sono andato a fare la spesa.

Sono uscito bardato di tutto punto con mascherina e guanti, e mi sono avventurato in un supermercato nei pressi della mia parrocchia – e lì, la scoperta (prevedibile) della fila purgatoriale delle persone in attesa di poter entrare. Ti saluto alle distanze di sicurezza.

La mia crescente indignazione per l’evidente stoltezza di molti che si ostinano a fare finta che tutto sia come prima, è stata presto rimpiazzata dall’interesse per una cosa che ha dopo un po’ attirato la mia attenzione. Difatti ogni tot uscivano dal supermercato membri del personale: il pizzicagnolo, poi due cassiere, poi uno che forse era il direttore (l’ho immaginato dal piglio altero e vigilante), ecc. Uscivano qualche minuto, si dirigevano non so dove, e poi rientravano. Quello che mi ha colpito era l’incedere dignitoso, pregno di comprensione di se stessi e della propria funzione, unito all’aria disfatta, stanca, e forse anche un poco preoccupata per la propria sorte, per l’essere inchiodati per lavoro in mezzo ai miasmi e alle esalazioni di una folla potenzialmente infetta.

Ebbene, in quelle cassiere dai fianchi larghi con le felpe sformate, in quel pizzicagnolo rubizzo, nell’altero e scattante direttore, io ho visto degli eroi del quotidiano.

Non oso immaginare cosa proverei vedendo, in questi giorni, addirittura un medico o un infermiere!
Eppure anche lì, nella banalità estrema di quel viottolo di cemento tra palazzi e gente stropicciata, c’erano eroi: gente che stava esponendo se stessa a un rischio, pur di permettere a me e agli altri di comprare roba da mangiare. Gente che si mette in pericolo per degli estranei, per compiere il proprio dovere.
Scusa, se non eroismo questo, cosa lo è?
E poi la mia mente è volata… e ho pensato come sarebbe, se questi piccoli eroi feriali si decidessero ad aggiungere l’amore al senso del dovere, e ho capito che i nostri supermercati, le nostre banche, i nostri autobus, le nostre edicole si costellerebbero di santi – e chi mi dice che questo non stia già avvenendo?

Santità tirata fuori dalla crisi. Santi dappertutto. Che cosa stupenda!

Da quel corso di pensieri sono giunto a ricordare un discorso bellissimo di san Josemaria Escrivà, che a un certo punto dice: “Dio vi chiama per servirlo ‘nei’ compiti e ‘attraverso’ i compiti civili, materiali, temporali della vita umana: in un laboratorio, nella sala operatoria di un ospedale, in caserma, dalla cattedra di un’università, in fabbrica, in officina, sui campi, nel focolare domestico e in tutto lo sconfinato panorama del lavoro, Dio ci aspetta ogni giorno. Sappiatelo bene: c’è ‘un qualcosa’ di santo, di divino, nascosto nelle situazioni più comuni, qualcosa che tocca a ognuno di voi scoprire”.

Questo è il tempo in cui ognuno di noi, se lo vuole, semplicemente stando al suo posto, può diventare un eroe del quotidiano – persino un santo.

Sì, anche tu che stai leggendo, magari semplicemente accettando di stare chiuso dentro casa tua quando vorresti uscire in queste seducenti giornate di acerba primavera.

In fondo per diventare santi basta amare.

Redazione: