Che cosa ha significato nella tua vita di sacerdote celebrare la Santa Messa senza avere davanti agli occhi i tuoi parrocchiani?
Celebrare senza il popolo apparentemente sembra non appartenerci. Sembra, lo dico fra virgolette, quasi “un assurdo”. Con uno sguardo più profondo però possiamo riflettere sul mistero di Dio che ci raggiunge, anche in questa pandemia e in questo momento di silenzio e sgomento. Questo celebrare da solo mi ha fatto tornare in mente l’esperienza del cardinale Van Thuan, costretto a celebrare in carcere per 13 anni da solo, di cui 9 in isolamento, sul palmo della mano con una briciola di pane e una goccia di vino di nascosto dai suoi carcerieri. Reputo quindi una fortuna celebrare in una bella cappellina, su un bell’altare, con un bel calice, indossando dei bei paramenti e quindi avendo veramente tutto. Quello che più mi ha colpito in questi giorni è quell’incontro tra me e Dio, stare viso a viso con Lui e riscoprire che quel sacrificio ti unisce a tutto il Popolo di Dio ed è per tutto il popolo di Dio anche se in quel momento non è fisicamente presente. In quel momento si è a tu per tu, ma allo stesso tempo si è in comunione con tutta l’umanità e con tutto il mistero della salvezza!
Che cosa ti senti di dire ai tuoi parrocchiani per aiutarli a vivere questo tipo di celebrazioni eucaristiche?
Per i parrocchiani è forte il legame personale, cercano il volto amico, fraterno e paterno del parroco e nel vivere questo tipo di celebrazione mi auguro sempre che nessuno dica che quella Messa è meglio di un’altra. Occorre sempre vigilare affinché il senso della celebrazione sia unico e unitario e che quindi non sia in funzione di chi la celebra, ma sia colto il senso più profondo della celebrazione che ha sempre come protagonista Cristo.
Qual è il messaggio più bello che hai ricevuto in questi giorni?
Il messaggio più bello l’ho ricevuto non con delle parole, ma attraverso una foto di un bimbo di 6 anni seduto davanti alla televisione mentre seguiva la celebrazione. Nella foto si vede la sua postura che esprime attenzione. Mi ha molto colpito e ho ripubblicato questa foto su fb perché c’era veramente l’essenziale: il bimbo che cerca il volto che si conosce mi ha fatto pensare al passo evangelico nel quale Gesù dice “Lasciate che i bambini vengano a me”… veramente i piccoli comprendono in profondità quello che si sta vivendo!
La celebrazione eucaristica in streaming può essere considerata una sorta di “Chiesa in uscita” o un “ospedale da campo” per usare le parole di Papa Francesco?
In questo periodo c’è un grande dibattere su questo tema che fondamentalmente si riconduce a due filoni: preghiera, messa, rosario tutto on line oppure silenzio e digiuno per vivere questa sorta di privazione con tutto il popolo? Penso che la terza via sia quella importante che porta a una novità: mi auguro che queste occasioni on line servano a stuzzicare l’appetito, a rinvigorire il desiderio spirituale, perché poi ognuno dovrà fare la propria parte in quanto il cammino è personale, libero, profondo e vero. La mia preghiera è quella che si passi dall’emotivo al motivo per cui si è discepoli, passare da quella che è la sensazione emozionale a quella che è una scelta personale.