GERUSALEMME – “Cristo risorto irrompe nelle nostre povere esistenze e le illumina con una nuova luce. E proprio ora, in un tempo in cui sentiamo forte il desiderio di gridare il comune bisogno di salvezza, ne siamo impediti. E così ci rendiamo conto di quanto ci manchi celebrare l’amore che vince ogni morte. Come ci pesa questa solitudine, come è faticoso farci guidare da Lui su questi sentieri sconosciuti!”: lo ha detto l’amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme, mons. Pierbattista Pizzaballa, celebrando la Pasqua nella Città Santa. Prendendo spunto dalle limitazioni dovute alla pandemia, l’arcivescovo ha affermato: “Rinchiusi nelle nostre case e limitati negli spostamenti, abbiamo capito quanto importante sia ciò che ora ci viene impedito: libertà nei movimenti, la scuola, il lavoro, la partecipazione alla vita di gruppo, il tempo con gli amici e così via. È vero: spesso accade che impariamo ad apprezzare ciò che abbiamo, quando lo perdiamo. E così è stato per queste possibilità che ora ci mancano”. Ma, ha aggiunto, “c’è un’altra assenza che abbiamo conosciuto in questi giorni, non meno importante: la possibilità di celebrare la salvezza. Il non potere celebrare la salvezza, durante questo Triduo Santo, in questo contesto di paura e di incertezze, ci ha reso ancora più consapevoli della nostra fragilità e dei nostri limiti”. “Colpiti in ciò che ci è più caro – ha sottolineato mons. Pizzaballa – abbiamo constatato che il nostro ingegno umano, per quanto acuto e sviluppato, non ci garantisce la salvezza”. Ecco allora sorgere di nuovo “le grandi domande sulla vita e sulla morte, su chi siamo. Abbiamo compreso che la parola salvezza non è legata solo alla capacità della scienza di risolvere i grandi problemi del momento (cosa di cui siamo comunque tutti desiderosi e grati), ma è connessa innanzitutto con il mistero che abita la natura umana, e che non riusciamo a possedere completamente”. “Quello che celebriamo oggi è non solo il trionfo della vita sulla morte, ma dell’amore di Dio, che arriva non solo a morire con noi, a morire per noi, ma arriva anche a portarci insieme a Lui, oltre la morte. Dio Padre non abbandona l’uomo Gesù nella morte, ma lo salva, gli dona una vita che è per sempre, e chiama anche noi a questa stessa vita. Davvero c’è qualcosa di più forte della morte. La fede, ha concluso, “non cancella il carattere drammatico dell’esistenza, ma ci apre gli occhi e il cuore ad una prospettiva di salvezza, di vita eterna, di gioia. È ciò che celebriamo nel giorno di Pasqua ed è ciò che vogliamo celebrare con la vita. Che il sepolcro spalancato di Cristo, dunque, spalanchi anche i nostri sepolcri”.