Pubblichiamo la riflessione di Don Vincenzo Catani
DIOCESI – E’ una frase di una canzone di Loretta Goggi del 1981, ma per molti è diventata una realtà attuale in questa primavera del 2020, dal momento che accanto alla puntuale e dolce esplosione della natura che si rinnova ci ha portato anche questo tremendo periodo del Coronavirus, che ha maltrattato, modificato, strapazzato, dissacrato, sconvolto e sconquassato in mille modi le nostre abitudini e la nostra quotidiana esistenza. E ci ha ormai abituato a seguire giornalmente le tristi litanie di contagi e di morti.
Io però mi sto chiedendo da tempo se servirà tutto ciò a farmi riflettere? Perché sento che non mi basta seguire solo la conta dei morti, la crescita della curva dei contagiati, i raffronti con le situazioni dei vari paesi interessati, le opinioni dei giornalisti, le decisioni dei politici.
Io sono cristiano (prima di essere prete) e non posso se non fare costante riferimento alla parola di Cristo.
E vado ancora una volta al discorso della montagna che leggo nel vangelo di Matteo.
“Osservate come crescono i gigli del campo…” (Mt 6,34), cioè benedici le leggi della creazione, accetta i suoi ritmi, guardala come l’alfabeto con cui Dio ti parla per raccontare di sé, del suo volto di Padre, della sua grandezza nel dono e non vederla come nemica che ti sovrasta. E soprattutto non manipolarla, non offenderla come spesso fai, perché allora potrebbe anche non esserti più amica.
“Non preoccupatevi di che cosa mangerete o di che cosa berrete” (Mt 6, 25), cioè non metterti a svaligiare i supermercati, ad abbandonarti ad una paura irrazionale e a pensare solo a te stesso. Pensa anche agli altri che hanno meno di te, apriti alla solidarietà, comincia a pensare finalmente al plurale, guardati attorno e scopri che hai fratelli e sorelle che neppure conosci.
“Il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate” (Mt 6, 8), cioè impara a non vivere nell’ansia e nella preoccupazione, a vivere un po’ più da figlio e non da padreterno. Ti manca il senso dell’abbandono, ti arrocchi in te stesso, intristisci dentro senza il riferimento al Padre che ti sta vicino.
“Non preoccupatevi del domani, perché il domani si preoccuperà di sé stesso. A ciascun giorno basta la sua pena” (Matteo 6, 43), cioè fa’ ricorso ad una saggezza tipica del cristiano, che, attraverso la fede e la speranza, è capace di dare un senso ad ogni tuo presente, di essere libero anche di fronte ad ogni avvenimento negativo, di vivere interiormente lieto, di non lasciarci portare via il sapore buono della vita.
Infine la primavera non sarà mai maledetta, anzi è la stagione più benedetta dell’anno, perché ci porta l’annuncio della PASQUA, dove la vita vince la morte e dove la speranza ci è continuamente restituita.
In fondo… benedetta la primavera della mia fede!
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