Marco Guerra – Città del Vaticano, da vaticannews
La scuola torna al centro del dibattito della cosiddetta Fase 2 della ripartenza delle attività. Dopo la conferma della sospensione di tutte le lezioni in classe fino al prossimo settembre, il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina e la Commissione di esperti ministeriale sono chiamati ad esprimersi sull’esame di maturità in presenza, mentre sembra saltare definitivamente ogni ipotesi di esame per il primo ciclo di studi, ovvero la prova di terza media.
Maturità. Si valuta l’orale in presenza
Istituti, docenti e studenti chiedono chiarezza per organizzarsi al meglio e preparare lo svolgimento dei colloqui in sicurezza. “Auspico davvero che ci sia la possibilità, come anche tanti ragazzi ci stanno chiedendo, di svolgere almeno l’orale in presenza. Ovviamente nelle giuste condizioni di sicurezza per la salute di tutti”, ha detto durante il question time del 22 aprile il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina. La soluzione al vaglio è quella di far svolgere ai maturandi l’esame orale a partire dal 17 giugno in classe e non da casa. Per quella data era prevista la prima prova scritta quella d’italiano. La prova si svolgerebbe con la presenza di un numero ristretto di commissari distanziati tra loro e il maturando interrogato e al massimo altre 2-3 persone. Entro il 30 aprile devono essere designati i commissari interni da parte dei consigli di classe; la pubblicazione degli elenchi regionali dei presidenti da parte degli uffici scolastici regionali deve avvenire entro il 21 maggio.
Famiglie e formazione distanza
Intanto le associazioni familiari, come il Forum delle Famiglie e il Family Day, e il mondo della politica discutono su come affrontare le riapertura delle scuole nel contesto del complesso ritorno al lavoro dei genitori. Non può esserci una Fase 2 per i lavoratori che hanno figli senza una Fase 2 per gli studenti, evidenziano le rappresentanze delle famiglie che propongono l’apertura degli istituti come centri estivi e chiedono dei bonus per l’acquisto di dotazioni tecnologiche per la didattica a distanza.
Gli aiuti alle paritarie
In questa difficile cornice emerge anche il tema delle scuole paritarie pubbliche, un terzo delle quali rischia di chiudere definitivamente i battenti prima di settembre se non riceverà fondi adeguati dallo Stato. Al momento per questi istituti sono stati stanziati appena 2 milioni di euro per la didattica a distanza.
900mila alunni a rischio
Il settore delle paritarie, che secondo la legge svolgono un servizio pubblico, è un ramo fondamentale di tutto il sistema scolastico italiano. Si parla infatti di 13mila istituti, in maggioranza scuole dell’infanzia e primarie, con circa 900mila alunni e oltre 140mila lavoratori. Oltre che a garantire la libertà educativa e una sana competizione nell’eccellenza formativa, le paritarie consentono allo Stato un risparmio di circa 6 miliardi di euro, calcolando i 6800 euro che lo stesso Ministero dell’Istruzione dichiara come spesa media per uno studente nel suo corso di studi.
Federazione paritarie chiede detraibilità delle rette
“Far chiudere le paritarie significa quindi portare tutto il sistema al collasso, visto anche la scuola statale non sarebbe in grado di assorbire 900mila alunni” spiega a VaticanNews Virginia Kaladich, presidente della Fidae, l’associazione delle scuole paritarie cattoliche. Kaladich è impegnata in un confronto costate con il governo al quale chiede “un fondo straordinario per garantire gli stipendi ai docenti e per venire incontro alle famiglie la piena detraibilità di tutte le rette pagate durante l’emergenza”. Richieste che sono state rilanciate anche dalla Conferenza Episcopale Italiana con il sottosegretario don Ivan Maffeis che ha parlato di “ricchezza da non perdere”.
“Siamo stati dimenticati dal decreto Cura Italia. Abbiamo presentato sette emendamenti e per quanto riguarda la didattica a distanza ci sono stati riconosciuti 2 milioni di euro, poco più di 1200 euro a scuola, sono briciole ma è comunque una prima risposta. Gli altri emendamenti per le famiglie, come la completa detraibilità delle rette e l’accesso ad una fondo di garanzia, sono stati completamente disattesi”, spiega ancora la presidente Kaladich.
Preoccupazione per i dipendenti
Le difficoltà non riguardano solo i genitori e gli alunni ma c’è anche un problema nel pagamento degli stipendi degli oltre 140mila dipendenti di questi istituti. “La paritaria si regge in buona parte sulle rette degli studenti – ribadisce Kaladich – e ora ci ritroviamo famiglie che fanno fatica ad onorare questo impegno, perché da un giorno all’altro si sono ritrovate senza redditi”.
Paritarie parte del sistema pubblico
“Noi dal 2000, con la legge sulla parità, siamo a tutti gli effetti nel sistema pubblico integrato, composto dalle paritarie e dalle statali, pertanto la paritaria è una scuola pubblica. Quindi lo Stato non deve fare un’elemosina ma sostenere tutti rami dei sistema”, spiega ancora la presidente della Federazione delle Scuole Cattoliche primarie e secondarie.
Secoli di istruzione garantita ai più poveri
La presidente Kaladich ricorda inoltre il ruolo fondamentale svolto dalle primarie: “Senza le nostre scuole verrebbe meno la scelta educativa, gli istituti cattolici per secoli, prima ancora della scuola pubblica, hanno garantito istruzione e formazione anche ai più poveri. Pensare che le famiglie non possano più esercitare questa scelta sarebbe un disastro per l’Italia e inoltre si ingolferebbe la scuola statale, non credo infatti che riuscirebbe ad assorbire l’arrivo di 900mila studenti”. “Se vogliamo fare due conti in tasca – aggiunge – oggi la scuola primaria fa risparmiare allo Stato 6 miliardi di euro”. Infine la presidente chiede un impegno chiaro e preciso anche per le scuole dell’infanzia che hanno maggiori difficoltà ad attivare la didattica a distanza.