COLONNELLA – Oggi è il compleanno del Diacono Domenico Maria Feliciani. Colonnellese, sposato con la signora Maria, padre di due figli, Micheal e Pravin, attualmente svolge il suo servizio pastorale presso L’Unità Pastorale Regina Pacis – Sacro Cuore di Centobuchi. A lui vanno gli auguri più sinceri ed affettuosi da parte della nostra redazione che, per l’occasione, ha deciso di incontrarlo per farci raccontare la sua ricca e feconda esperienza di vita.
Come e quando è avvenuta la sua chiamata al Diaconato?
“Come spesso accade nella vita di ognuno, si incontrano momenti difficili di solitudine, di sconforto, di aridità. Ed è proprio in questo deserto che stavo attraversando a seguito della morte di mio padre che, anni fa, il Signore è stato benevolo con me e mi ha chiamato attraverso le parole di una liturgia eucaristica. Oltre che chiamato, mi sono sentito consolato e amato. Ho capito quindi che era tempo di fare un po’ d’ordine nella mia vita.
Inoltre il continuo desiderio di fare qualcosa di speciale per il Signore fu favorito anche dall’amicizia con dei santi sacerdoti che mi parlarono e proposero il cammino diaconale. Il Vescovo Gestori paternamente mi incoraggiò e il 24 Novembre del 2007, in Cattedrale, a San Benedetto del Tronto, mi ordinò Diacono Permanente. ”
Dove svolge e in cosa consiste il suo servizio pastorale?
“Dal 1° Dicembre 2007 a tutt’oggi sono in servizio presso la Parrocchia Regina Pacis di Centobuchi. All’inizio ebbi come guida e padre don Federico Pompei, che non finirò mai di ringraziare ed amare. Il seguito ho avuto il privilegio di collaborare con don Pierluigi Bartolomei, grande amico. Al momento faccio parte dell’Unità Pastorale Regina Pacis – Sacro Cuore e collaboro con il parroco don Gianluca Pelliccioni, il vice don Giuseppe Giudici e il diacono Giovanni Vai.
Fin dall’inizio del mio servizio pastorale mi sono sempre occupato della Pastorale pre e post Battesimale, della preparazione degli adulti ai Sacramenti della Cresima e del Matrimonio, in un recente passato mi sono occupato anche dei Catecumeni.”
Come è stata accolta da sua moglie la sua volontà di divenire Diacono?
“La mia vocazione è stata piuttosto una riscoperta della fede, avvenuta non singolarmente, ma come coppia. Io e mia moglie abbiamo riscoperto insieme la grandezza di Dio e quindi sono stato pienamente appoggiato in questo cambiamento radicale di vita. Insieme abbiamo toccato con mano i miracoli avvenuti nella nostra famiglia ed il servizio diaconale è stato il minimo che abbiamo potuto offrire al Signore. Siamo così riusciti a superare gli impegni professionali e familiari in ragione di un servizio più grande da rendere alla comunità, in cambio delle meraviglie che il Signore ha operato nella nostra vita.”
Vuole raccontarci quali sono queste meraviglie di cui parla?
“Prima di tutto la consapevolezza del proprio stato e dei grandi doni ricevuti: il matrimonio innanzitutto, con una donna che mi è amica, confidente, consigliera e sposa. Poi il grande dono di condividere con mia moglie la Fede, l’attenzione e l’amore verso gli ultimi e i più bisognosi. Da qui l’idea di aprire la nostra famiglia all’adozione internazionale. Indubbiamente la scoperta della nostra sterilità di coppia fu un duro colpo per la stabilità e la serenità del matrimonio, ma la Provvidenza di Dio era già all’opera. Anche in questo caso, durante una Messa, le parole del Vangelo di Marco furono illuminanti: “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me.” Contattammo quindi le suore di Madre Teresa di Calcutta, per un’adozione internazionale, con l’attenzione rivolta sempre agli ultimi. Dopo nove mesi, arrivò il nostro primo grande dono, nostro figlio Michael. Dopo quattro anni ancora, ci fu la seconda bella notizia: sempre tramite le Missionarie della Carità, arrivò il nostro secondo figlio, Pravin, sempre dall’India, diventata ormai la nostra seconda patria. Conserviamo ancora oggi, come una reliquia, una lettera che Santa Teresa di Calcutta ci scrisse, in risposta ad una lettera che le inviammo per ringraziarla del suo interessamento.”
Che messaggio vuole dare ai suoi parrocchiani e ai nostri lettori in questo particolare momento storico?
“Dovremmo tutti riuscire a capire che questa pandemia ha rappresentato un momento di grazia che ci ha portato alla riscoperta di tanti valori, come il silenzio, la contemplazione del creato, la preghiera. Ed è stato per me anche un momento di ascolto. Mi sono chiesto: Cosa ci ha voluto suggerire il Signore in questo tempo? Mi sono risposto che l’inizio dell’isolamento è coinciso con l’inizio della Quaresima: è come se ci avessero imposto una penitenza che noi non avremmo mai scelto. Anche noi, come Simone di Cirène, siamo stati costretti a portare la croce. E siamo chiamati a farlo con prudenza ed obbedienza, come papa Francesco ci ha ricordato.”