DIOCESI – Proseguono le celebrazioni a porte chiuse durante questo periodo di emergenza anche nella nostra diocesi. La celebrazione di ieri, domenica 10 maggio, è stata però trasmessa in diretta dalla Cattedrale Madonna della Marina ed è stata presieduta dal Vescovo Carlo Bresciani.
Nell’incipit dell’omelia il Vescovo ha contestualizzato le parole del Vangelo del giorno, nel quale Gesù rivolgendosi ai suoi discepoli dice Non sia turbato il vostro cuore, abbiate fede in Dio e abbiate fede in me: “Siamo nel contesto dell’ultima cena e quello che si presenta davanti a Gesù, lo sappiamo, è il dramma della morte in croce, della sua condanna e della sua morte in croce. Ma è Gesù che consola i suoi discepoli in un contesto che per Lui è di grande prova. E invece che pensare a sé pensa a consolare, confortare, ad incoraggiare. Gesù manifesta un cuore molto grande, manifesta soprattutto di conoscere il cuore degli uomini. Sa che questi suoi discepoli sono ancora deboli, sa che questi discepoli faranno fatica a resistere alla prova. Ma Gesù dice Fidatevi di me”.
“È l’atto di fede dunque che fa la differenza – ha proseguito il Vescovo Bresciani – Gesù dicendo Vado a prepararvi un posto apre ai suoi discepoli una prospettiva più grande di quel tratto di via che deve percorrere. I discepoli vorrebbero certamente la meta, ma fanno fatica a percorrere quella via per raggiungerla. Ed è un po’ la fatica che abbiamo tutti noi: vorremmo la meta, ma non la fatica del cammino per raggiungerla. Alla domanda di Tommaso di mostrare la via Gesù risponde: “Io sono la Via, imitate me, perché se volete giungere a Dio, la meta aspirata, io sono la Via e vi indico, attraverso la mia vita, qual è la via che voi potete e dovete percorrere”. E spesso la via che siamo chiamati a percorrere non è facile proprio perché ogni cammino può avere le sue difficoltà, ma la vera svolta è la capacità di non lasciarci sommergere e non chiuderci pensando a noi stessi, come Gesù che pensa agli altri, pensa ai suoi discepoli. Tant’è vero che Egli giunge a dire “Se volete vedere Dio, guardate me, perché chi vede me, vede il Padre”. E’ questo rapporto intenso tra Padre e Figlio che anche noi siamo chiamati a vivere. Non basta che invochiamo il Padre, dobbiamo comportarci da figli, altrimenti rischiamo di essere come il figliol prodigo o come il fratello maggiore del figliol prodigo, che il padre ce l’hanno, ma non lo sanno accogliere, non lo sanno capire”.
Il Vescovo si è poi soffermato sulla prima lettura degli Atti degli apostoli, dove la Chiesa si trova di fronte ad una difficoltà concreta, alla sfida del percorrere la via di Gesù. È la sfida era quella di una differenza su base nazionale, una sfida sul “prima noi” che veniva fatta tra le mogli degli ebrei e le mogli dei greci. Che non è però quella cristiana, tant’è vero che nasce giustamente all’interno della chiesa una discussione e poi un ministero nuovo, ma non perché per un sacerdote o per un vescovo sia indegno servire alla mensa. E’ semplicemente per il fatto che non tutti possono fare tutto:c’è un momento per Marta e c’è un momento per Maria ed occorre che qualcuno dia una mano, appunto, nella carità e nell’amore, perché non ci sia appunto il “prima noi e poi voi”. Questi primi sette diaconi sono chiamati a mettersi dunque a disposizione, sono chiamati alla solidarietà e alla disponibilità perché a tutti possa giungere qualcosa ed è un po’ questo uno degli aspetti chiave della via di Gesù”.
E in conclusione: “Carissimi, la fede non è solo un pensare a Dio, non è solo una mozione di affetti: la fede senza la carità verso tutti è nulla. Questa è Parola di Dio, questo è quello che la Chiesa ha fatto e quello che, seppur con i limitati mezzi, la Chiesa continua a cercare di fare. I limiti e i tempi duri non devono inasprire gli animi: essi devono conservare la benevolenza, lo spirito di consolazione, la sensibilità verso chi sta peggio: Gesù non si è lasciato inasprire e se non lo imitiamo e mettiamo la condizione del “prima noi” perdiamo il vero senso della vita cristiana, cioè conoscere, amare e servire Dio”.